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Categories: Salute

Spesa sanitaria a rischio collasso, più di 12 milioni di italiani rinuncia alle cure

La spesa sanitaria è a rischio collasso perché mancano le risorse tanto che 12,2 milioni di italiani rinunciano a curarsi. Sono questi i dati più allarmanti emersi dal VII Rapporto RBM – Censis sulla Sanità presentati in occasione del 7° Welfare Day. Il dato centrale attorno a cui ragionare sono i soldi pubblici che mancherebbero per garantire il mantenimento degli attuali standard assistenziali e che, secondo i dati Censis, oscillano tra i 20 e i 30 miliardi di euro. Il risultato è nel numero di persone che non riescono a curarsi a cui si devono aggiungere i 7,8 milioni che hanno dato fondo ai propri risparmi o si sono indebitati con parenti, amici, banche e istituti di credito per ovviare ai ritardi del pubblico e rivolgersi alla sanità privata, con una spesa complessiva di 35,2 miliardi di euro, in crescita del +4,2% nel periodo 2013-2016.

Uno dei tanti che meglio racconta il problema attuale della Sanità italiana è quello delle liste di attesa per gli esami specialistici. Anche a fronte del pagamento del ticket, in Italia i tempi di attesa si sono allungati a dismisura e sono sempre di più le persone che preferiscono rivolgersi al privato che garantisce tempi più rapidi anche se costa più del pubblico.

I dati Censis sono chiari: per una mammografia l’attesa media è di 122 giorni (60 in più rispetto al 2014) con punte di 142 giorni al Sud e siamo solo all’inizio della lista. Per una colonscopia l’attesa media è di 93 giorni, ma al Centro si sale a 109; per una risonanza magnetica la media è di 80 giorni, che salgono a 111 giorni al Sud; per una visita cardiologica si aspetta 67 i giorni, 79 al Centro; per una visita ginecologica la media è di 47 giorni, 72 al Centro; per una visita ortopedica 66 giorni, 77 al Sud; per la visita oculistica 87 giorni, con punte di 104 giorni al Nord-Est

Le lunghe attese, dovute a un’insufficienza dei servizi pubblici, ha portato a un aumento della spesa sanitaria privata che oggi grava sulle spalle degli italiani per 35,2 miliardi di euro, con un aumento del 4,2% in termini reali nel periodo 2013-2016. Il dato numerico nasconde quello che il Censis definisce “un gorgo di difficoltà e disuguaglianze crescenti che risucchiano milioni di persone“: sono quasi 13 milioni gli italiani che nell’ultimo anno hanno avuto grosse difficoltà economiche o una riduzione del tenore di vita per pagare le spese sanitarie di tasca propria, oltre ai 7,8 milioni che hanno speso i risparmi o si sono indebitati.

A essere colpiti sono soprattutto i più deboli visto che il 74,5% delle persone a basso reddito ha avuto difficoltà economiche a pagare le spese sanitarie (ma anche il 15,6% delle persone benestanti), con percentuali diverse nel paese: il 21,8% al Nord, il 35,2% al Centro, e il 53,8% al Sud. In difficoltà anche il 51,4% delle famiglie con al proprio interno una persona non autosufficiente che hanno affrontato spese sanitarie di tasca propria.

L’aumento della spesa è anche dovuto a un innalzamento dell’età media: più si invecchia, più si deve mettere mano al portafoglio per pagarsi le cure. secondo i calcoli del Censis un anziano spende di tasca propria per la sanità più del doppio rispetto a un millennial e quasi il 50% in più rispetto a un babyboomer.

Tra le cause il Censis indica anche un minor investimento nella sanità pubblica che ha portata a una riduzione del valore pro-capite dell’1,1% all’anno in termini reali dal 2009 al 2015, dato che segna record di contrazione della spesa sanitaria pubblica italiana segnalato dalla Corte dei Conti. Nello stesso periodo in Francia è aumentata dello 0,8% all’anno e in Germania del 2% annuo. L’incidenza rispetto al Pil della spesa sanitaria pubblica italiana è pari al 6,8%, in Francia si sale all’8,6% e in Germania si arriva al 9,4%.

A livello nazionale però la percezione è che la sanità pubblica non sia così al collasso. Secondo il Censis, il 64,5% degli italiani è soddisfatto del servizio sanitario, mentre il 35,5% non lo è, con dati che variano a livello geografico: al Sud sono soddisfatti solo il 47,3%, il 60,4% al Centro, il 76,4% al Nord-Ovest e punte dell’80,9% al Nord-Est. Il 31,8% degli italiani è convinto che nell’ultimo anno il Servizio sanitario sia peggiorato, solo il 12,5% pensa che sia migliorato e il 55,7% ritiene che sia rimasto stabile.

Lorena Cacace

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