Mario Draghi si erge a difensore dell’eurozona contro tutti i pericoli, da Donald Trump a Marine Le Pen, ma il suo scudo non basta e lo spread vola sopra i 200 punti, il massimo da 3 anni. Il governatore della Banca Centrale Europea, rivolgendosi all’europarlamento, mette in chiaro le cose: “L’euro è irrevocabile“, anche perché “i benefici delle nostra politica superano chiaramente i potenziali effetti collaterali”. Se dunque l’Europa ha retto alla crisi è perché è rimasta unita, con una sola moneta e la BCE a parare i colpi, con tassi al minimo e operazioni rivolte alla salvaguardia dell’eurozona. Draghi si è poi detto “molto preoccupato” per la politica economica di Donald Trump e per le spinte euroscettiche che rischiano di rompere l’unione, a partire dal rischio Frexit messo in campo da Marine Le Pen.
“Guardiamo con preoccupazione ad annunci di potenziali misure protezionistiche“, ha dichiarato nella sua audizione al Parlamento europeo in occasione del 25esimo anniversario del trattato di Maastrischt, sottolineando che “l’UE è stata creata sulle basi del libero scambio” e che “dovremo giudicare quando vedremo quello che è stato annunciato”.
“L’ultima cosa di cui abbiamo bisogno è un allentamento della regolamentazione”, ha aggiunto in riferimento alle dichiarazioni di Trump, anche perché “i rischi finanziari sono sotto controllo grazie al lavoro dei regolatori” messo in campo dalla BCE.
Draghi rivendica l’operato della Banca Centrale sotto la sua gestione e le scelte che hanno dato all’eurozona la capacità di resistere alla crisi finanziaria. Per questo, ribadisce nel corso della sua audizione in risposta all’eurodeputato Marco Zanni, ex M5S, oggi Enf (il gruppo di Le Pen e Salvini), che “l’euro è irreversibile” e che tornare alla politica economica e monetaria degli anni Settanta-Ottanta (con monete sovrane e svalutazione ai massimi livelli, nonché con indebitamento senza freni) sarebbe un grande errore. “Non furono certamente anni di stabilità, ma di continue svalutazioni competitive”, ricorda all’eurodeputato, anche perché il “mercato unico non sopravviverà davanti a svalutazioni competitive” in vista di un “sistema Sme2 con monete nazionali uscite dall’euro”.
Se dunque il sistema unitario verrà compromesso con uscite di altri paesi dopo la Brexit, è a rischio tutta la tenuta dell’economia europea, avvisa Draghi, che rispedisce al mittente anche le accuse di manipolazione arrivate dall’amministrazione Trump.
Nel rispondere alle dichiarazioni di Peter Navarro, superconsigliere di Trump che aveva definito l’euro “enormemente sottovalutato” e una sorta di “marco tedesco camuffato”, Draghi ricorda la forza dell’economia tedesca pre euro. Alla BCE “non siamo manipolatori del cambio” così come Berlino che, tra l’altro, si è lamentata di un “euro troppo basso per la competitività dell’economia tedesca”, come ha dichiarato il ministro delle Finanze Wolfgang Schaüble al quotidiano Der Tagesspiegel.
“La nostra politica monetaria ha contribuito in modo cruciale agli attuali sviluppi positivi dell’economia“, ricorda ancora una volta Draghi che insiste. “Le nostre misure hanno impregnato il tessuto finanziario e stanno ora beneficiando l’economia reale, assicurando condizioni di finanziamento molto favorevole”.
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