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Spreco alimentare: cosa possiamo fare per cambiare le cose

[Credit Photo: USDA]

Lo spreco alimentare è diventato uno dei mali del nostro tempo, quello che maggiormente caratterizza la civiltà consumistica occidentale, tanto che persino i governi sono scesi in campo con leggi specifiche affinché sia possibile modificare un sistema che evidentemente non regge più nelle sue premesse, con masse di poveri in costante aumento a dispetto di pochi ricchi che possono permettersi il lusso di gettare nella spazzatura le eccedenze. Ma cosa possiamo fare per cambiare le cose per davvero? È evidente che leggi come quella francese o quella recentemente approvata al Senato in Italia possono essere efficaci ma guardano solo ad un lato della questione, che invero è molto più complessa, e mette in crisi abitudini e stili di vita consolidati.

I numeri del fenomeno d’altronde parlano chiaro, con un costo complessivo annuale degli sprechi pari a mille miliardi di dollari in tutto il mondo: con i ritmi di consumo attuali e la sovrappopolazione galoppante, ci vorrebbero tre pianeti per sfamarci da qui fino al 2050. Ecco perché per combattere lo spreco alimentare non bastano solo le norme, ma bisogna modificare le abitudini in nome di uno sviluppo sostenibile.

Leggi e iniziative contro gli sprechi alimentari

Che la questione sia diventata urgente lo dimostra il tempismo con cui i governi europei ad esempio stanno approvando pacchetti di norme contro gli sprechi alimentari: a dare il buon esempio ha iniziato la Francia, con una legge che impedisce alle multinazionali di gettare via il cibo o di rendere l’invenduto non più adatto al consumo, in modo da ridurre le 8 tonnellate di cibo gettato nella spazzatura ogni anno dal popolo transalpino, e che invece dovrà essere destinato alla solidarietà sociale oppure trasformato in compost per il riciclaggio. A differenza della norma approvata in Francia qualche mese prima, il testo approvato in Italia nell’estate 2016 punta sui fondi e sulla semplificazione burocratica, con riduzione delle tasse per i commercianti e solidarietà su larga scala, anche se non sono mancate le polemiche per il mancato carattere sanzionatorio delle norme.

Ma in ambito internazionale sono da segnalare anche le iniziative di associazioni e volontari per arginare il fenomeno, come il supermercato degli scarti di Copenaghen, un luogo dove è possibile trovare tutte le eccedenze alimentari a prezzi vantaggiosi, risultando di grande successo, a dimostrazione una volta di più di quanto sia mutata la sensibilità dell’opinione pubblica riguardo lo spreco di cibo.

Modificare le abitudini

La vera sfida per combattere lo spreco alimentare è dunque modificare le nostre abitudini a tavola: mangiare meno, mangiare meglio, potrebbe essere lo slogan che dovrebbe guidare la nostra vita. Se troppi alimenti finiscono nel bidone dell’immondizia vuol dire che abbiamo ancora l’abitudine di comprare e cucinare più di quanto abbiamo bisogno, un desiderio dell’abbondanza figlio del post conflitto bellico agli inizi degli anni Cinquanta del secolo scorso, che è cresciuto in contemporanea con la ricchezza delle famiglie fino a farci desiderare anche ciò di cui non abbiamo bisogno. Questo vale per il cibo come per altri aspetti della quotidianità, ma c’è chi proprio in questo contesto ha mutato radicalmente abitudini, esempi forse estremi ma che indicano una direzione di buon senso che vale intraprendere. Basta che ognuno di noi corregga anche solo di poco la rotta per avere una riduzione degli sprechi notevole: come cambierebbe la nostra vita se comprassimo solo quello di cui abbiamo bisogno, se non buttassimo le eccedenze, se facessimo maggiore attenzione alle date di scadenza? Cambiare non solo si può, ma si deve, senza attendere che mamma governo faccia una legge per impedirci di essere ogni volta avidi, superficiali e indifferenti ai problemi del mondo.

Giulio Ragni

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