Caro spreco alimentare, quanto ci costi? Tanto, troppo. Nonostante la crisi economica abbia rallentato il fenomeno incidendo fortemente sui consumi, in Italia come nel resto del mondo occidentale sono ancora troppe le tonnellate di cibo che vengono gettate nella spazzatura. Per contrastare la tendenza e sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema, da qualche anno il 5 febbraio si tiene la Giornata nazionale contro gli sprechi alimentari, che ha avuto il merito se non altro di far aprire gli occhi ai cittadini sui danni anche economici, oltre quelli ambientali e sociali, che comporta il cibo buttato: come ha dichiarato la Fao, il costo complessivo annuale è pari a mille miliardi di dollari, arrivando a toccare i 2600 miliardi se aggiungiamo gli sprechi relativi all’acqua e all’impatto ambientale in generale.
È stato calcolato che al ritmo di consumo attuale e all’aumento incontrollabile della popolazione mondiale, ci vorrebbero tre pianeti per sfamarci da qui fino al 2050, e già adesso stiamo notando come l’Earth Overshoot Day arrivi ogni anno sempre qualche giorno prima, consumando anche le risorse per le generazioni future. Se vogliamo correre ai ripari, appare evidente iniziare proprio dallo spreco alimentare.
Spreco alimentare: le cifre
In tutta l’Unione Europea si gettano 90 milioni di tonnellate di cibo, mentre In Italia lo spreco di cibo domestico costa 8,4 miliardi di euro l’anno, ovvero 6,7 euro settimanali a famiglia, per circa 650 grammi di cibo buttato. Tuttavia questa cifra tricolore risulterebbe arrotondata per difetto: secondo infatti uno studio condotto nella primavera 2015 da Waste Watcher, con la validazione scientifica dell’Università di Bologna-Distal, è possibile ritenere che gli sprechi reali siano quasi del 50 per cento superiori rispetto a quelli percepiti e dichiarati nei sondaggi. In base a questo studio, si può affermare che gli italiani sprecano effettivamente circa 13 miliardi di euro ogni anno gettando gli alimenti nel bidone della spazzatura.
Come abbiamo accennato, la consapevolezza della gravità del fenomeno è ampiamente diffusa nell’opinione pubblica: per restare al nostro Paese, secondo un’indagine effettuata sempre dall’Osservatorio nazionale Waste Watcher (Last Minute Market / Swg) con l’Istituto Italiano Imballaggio, e presentata nel corso dell’evento ‘Alimentare la Salute’ promosso da Enpam, l’ente previdenziale dei medici, a Roma, il 56 per cento dei consumatori italiani è disposto a ‘pagare di più per imballaggi che aumentino la probabilità di utilizzo del prodotto‘, il 69 per cento fa la spesa quotidianamente oppure ogni 2-3 giorni, e solo il 27 per cento una volta a settimana acquistando grandi scorte di cibo. Inoltre il 64 per cento preferisce confezioni piccole per evitare lo spreco che colpisce quelle grandi, e ben il 91 per cento di italiani fa grande attenzione alle scadenze: 4 italiani su 5 non gettano automaticamente il cibo, ma si assicurano che sia veramente andato a male. Infine un italiano su due compila una lista della spesa per prevenire lo spreco e l’eccesso di acquisto, attribuendo lo spreco domestico proprio all’eccesso di cibo acquistato.
Come ridurre gli sprechi
Come ridurre gli sprechi? Va sottolineato ancora una volta come gettare cibo significhi rinunciare a risorse naturali. Molte associazioni ed istituti forniscono semplici consigli per aiutare una famiglia a ridurre gli sprechi, ad esempio comprare solo ciò che realisticamente si riuscirà a mangiare, riutilizzare gli avanzi, congelare il cibo in eccesso. E poi ancora acquistare cibo biologico, poiché questo tipo di agricoltura consuma meno risorse naturali e riutilizza le risorse che non consuma. Inoltre aumentano sempre di più i luoghi dove poter acquistare prodotti sfusi, con i quali si risparmia in imballaggi e confezioni varie.
Oltre a tutto questo, bisogna rammentare che in tutto il mondo esistono associazioni preposte alla riduzione degli sprechi e al riutilizzo dell’invenduto: in Italia c’è ad esempio Last minute market, il progetto di ricerca di Andrea Segrè, nato per studiare l’origine degli sprechi analizzando l’intera filiera produttiva, e trasformatosi successivamente in una rete di riutilizzo dei beni invenduti dalla grande distribuzione. E poi naturalmente, ci sono i progetti e leggi dei governi, che hanno cominciato a prestare attenzione anche loro al fenomeno.
Il progetto Family Bag
In Francia ad esempio è stata approvata una legge che ordina i supermercati e le catene della grande distribuzione a fornire cibo invenduto ai poveri gratuitamente, insieme ad un pacchetto di altri provvedimenti volti a ridurre entro il 2025 almeno della metà il cibo sprecato in Oltralpe. E l’Italia? Il ministero dell’Ambiente ha promosso dal 4 febbraio il progetto Family Bag, che si propone l’ambizioso obiettivo di rivoluzionare le abitudini degli italiani al ristorante, minimizzando gli sprechi alimentari. Come si evince dal nome stesso, il Family Bag non è altro che un contenitore per trasportare le pietanze avanzate, in modo che ogni italiano possa contribuire attivamente a ridurre il costo economico e ambientale degli sprechi: ‘Mi sono impegnata personalmente per avviare questo progetto, che rappresenta un passaggio culturalmente importante per tutti gli italiani. Family Bag rappresenta l’upgrade delle doggy bag, affrancando attraverso contenitori di design e dall’estetica curata questo concetto dal ghetto del nostro immaginario e dal pudore di richiederlo a fine pasto. Perché non sprecare deve essere il nuovo stile di vita, e richiedere una Family Bag significa comportarsi in maniera virtuosa‘, ha dichiarato Barbara Degani, sottosegretario al ministero dell’Ambiente, a margine della presentazione del progetto. Un primo passo importante affinché lo spreco alimentare possa sensibilmente ridursi, in Italia come nel resto del mondo.
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