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Il premier della Serbia, Aleksandar Vucic, è stato preso a sassate e contro di lui e la sua delegazione sono state lanciate anche bottiglie, tanto da cacciarlo dalla cerimonia per il 20esimo anniversario del massacro di Srebrenica. La folla arrabbiata ha urlato e fischiato contro Vucic, inseguendo la delegazione serba che stava raggiungendo le automobili fino su una collina poco distante. A proteggere il premier c’erano comunque le sue guardie del corpo. A essere contestato è il fatto che Belgrado continua a negare la definizione del massacro di Srebrenica come genocidio. Dopo la contestazione il ministro dell’Interno della Serbia, Nebojsa Stefanovic, l’ha definita un ”tentativo di assassinio. È un attacco scandaloso”, ha detto alla tv serba Pink
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Nel massacro di Srebrenica oltre 8mila musulmani furono uccisi dalle truppe serbo-bosniache nel 1995. Negli anni ’90 Vucic ha seguito la corrente della ‘Grande Serbia’, ideologia che ha alimentato spargimenti di sangue che hanno accompagnato la caduta della Jugoslavia. Da allora ha cambiato modo di porsi, presentandosi come pro Occidente, e la sua partecipazione alla commemorazione di oggi doveva essere simbolica di quanto la regione sia andata avanti dalle guerre, in cui sono morte almeno 135mila persone, 100mila delle quali in Bosnia. ”Guardate lui (Vucic ndr.) e guardate quelle migliaia di lapidi”, ha detto Hamida Dzanovic, una donna venuta per la sepoltura di due ossa identificate dal Dna come appartenenti al marito. ”Non si vergogna di dire che questo non è stato genocidio? Non si vergogna a venire qui?”, ha aggiunto.
I ricordi del premier Renzi
Il premier Matteo Renzi in un post su Facebook ricorda il ventennale del massacro in Bosnia. ”Ho molti ricordi del luglio del ’95: la vittoria di Sampras su Becker a Wimbledon in 4 set, Indurain che stava per vincere il quinto tour, le proteste per gli esperimenti nucleari a Mururoa, una canzone di Pino Daniele che trasmettevano sempre in radio, l’esame di filosofia del diritto. Ma di quello che era successo a Srebrenica in quei terribili giorni di luglio si seppe pochissimo per molto tempo. E quando ricevemmo notizia, rimanemmo tutti sgomenti”.
”A poche centinaia di chilometri dalle nostre case, parole come pulizia etnica e genocidio che speravamo rimanessero solo nei ricordi drammatici dei nostri nonni erano di nuovo atrocemente realtà in Bosnia, qui in Europa. L’11 luglio del 1995, più di 8000 musulmani, compresi anziani donne e bambini, furono trucidati dalle milizie serbe e gettati in fosse comuni, sotto gli occhi indifferenti dell’Europa e del mondo”, si legge ancora sul profilo Facebook del presidente del Consiglio: ”C’è una nenia che ricorda le vittime, si chiama ‘L’inferno di Srebrenica’ e fa così: ‘Sorella, fratello, vi sogno ancora ogni notte/ non ci siete, non ci siete, non ci siete / vi sto cercando, vi sto cercando, vi sto cercando / ovunque io vada, vi vedo / mamma, sorella, perché non ci siete’. A sentirla mette i brividi, ancora oggi”.
E conclude ”ci sono molte responsabilità, innanzitutto politiche, per quello che è successo nel Balcani 20 anni fa. La mia generazione è cresciuta avendo negli occhi quel dolore e quella strage. Ci siamo detti allora, mai più permetteremo che questo succeda qui a casa nostra. Per questo una parte del nostro impegno politico è nato lì, in Bosnia, a Sarajevo, a Srebrenica. L’Unione europea è nata per portare pace e prosperità nel continente, l’allargamento ad est avvenuto in questi 10 anni ha avuto questo obiettivo. Non abbiamo mai pensato che il nostro compito fosse costruire soltanto un’unione monetaria, piuttosto una comunità politica, un’Europa dei popoli. E proprio in questi giorni la commemorazione del massacro di Srebrenica ha un peso maggiore: ci obbliga a ricordare i valori fondanti dell’Europa e a rinnovare l’impegno a costruire un luogo di pace e di futuro per i nostri figli”.