Decine di città nel mondo stanno bandendo i palloncini. Il perché non è questione trascendentale. Se la loro funzione giocosa, per feste e per bambini, è simbolo di gioia e di folclore, la plastica e lattice che li compone, spesso non biodegradabile, rende i palloncini inquinanti e pericolosi sia per l’ambiente che per gli animali. In sostanza, la lotta all’inquinamento da plastiche, che ha coinvolto già prodotti monouso e cannucce, ha portato alla ribalta anche il problema palloncini.
Lo chiamano “ballons ban” che potremmo definire il “bando ai palloncini” e una delle ultime città ad averlo applicato è Rhode Island, poco distante da New York. Vietato uso e vendita di palloncini, sanzione 200 dollari. Lo hanno deciso le autorità locali dopo aver constatato visivamente i danni provocati dai resti dei palloncini su tartarughe, pesci, uccelli e altri animali rimasti vittime dell’inquinamento “da party”. Altre città come Provincetown e Nantucket nel Massachusett hanno osservato il divieto insieme a numerose città di Florida e California dove da tempo i palloncini sono banditi. Anche in Australia vige il divieto in tante cittadine nei dintorni di Melbourne e in Canada, a Vancouver, nei parchi è scattato il “non” ai palloncini.
In Italia il primo comune ad accorgersi del problema palloncini e vietarli, quello di Moruggio, in provincia di Taranto e che guarda caso affaccia sul mare. E’ emersa di fatto che una lunga lista di organismi, come tartarughe, delfini, capodogli aveva nello stomaco resti di lattice di palloncini.
La Marine Conservation Society, in Gran Bretagna, ha stilato un rapporto sui danni da palloncini. Nel 2016 quelli ritrovati sulle spiagge britanniche erano il 53% in più rispetto all’anno precedente. Nel Regno Unito la quantità di detriti legati ai palloncini da elio è triplicata negli ultimi vent’anni e secondo le ricerche effettuate solo il 13% di questi esplode in mille pezzi mentre l’80% tornerebbe “indietro” intatto. Dati sconfortanti se si pensa che “il lattice con cui vengono realizzati può durare anche fino a quattro anni nell’ambiente marino” avverte la società.