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L’attentato all’aeroporto di Istanbul getta il mondo nel terrore per l’ennesima volta. Come a Bruxelles è stato colpito un luogo simbolo dello stile di vita moderno, ma a differenza del Belgio, la solidarietà corre meno sul web. Non che non ci siano messaggi di vip e persone comuni su quanto accaduto nella città turca. I tweet di cordoglio arrivano da tutto il mondo, da leader politici, attori, personalità del mondo dello spettacolo e non solo: tanti utenti hanno dato il loro personale contributo al dolore di una nazione che è ancora sotto attacco del terrorismo. La distanza emotiva rispetto a quanto è successo a Parigi e Bruxelles è innegabile, ma qualcosa è cambiato e Istanbul (con la Turchia) non ci sembra più così lontano.
In occasione dell’attentato ad Ankara dello scorso marzo, fu un giornalista inglese a porsi la domanda: perché siamo stati tutti Charlie, Paris e Bruxelles e non siamo stati Ankara? Una vignetta ripresa da Twitter esemplifica bene il concetto. I media di tutto il mondo hanno tenuto gli occhi fissi su Parigi e Bruxelles, lasciando la Turchia e il Pakistan da sole a piangere i loro morti. Ogni volta che assistiamo a un attentato o a una strage di civili in paesi lontani dall’Europa cadiamo nello stesso circolo vizioso per cui le vittime lontane da casa nostra “valgono” meno delle nostre.
We are all humans , all lives matter Muslim lives matter #PrayForTurkey pic.twitter.com/TNpzcGMqaE
— Khaleel Ahmed (@OfficialKhaleel) 29 giugno 2016
Ovviamente non è così. Il dolore è lo stesso, ma è innegabile che se i terroristi colpiscono due capitali europee il nostro shock emotivo è più forte. Non sempre è razzismo, è la vicinanza degli affetti: se perdiamo un nostro caro, il dolore è molto più intenso rispetto al pensiero di una perdita che ha avuto un nostro conoscente.
A questo si aggiunge che in Turchia il web stesso è messo in silenzio dalle autorità. La politica di Recep Erdogan in fatto di libertà di stampa e di espressione è molto dura e non certo in linea con quelle delle democrazie più moderne. Così, sull’attentato all’aeroporto di Istanbul è dovuto calare il silenzio, imposto ai media dal governo.
Atatürk Havalimanı'ndaki patlamaya yayın yasağı geldi! https://t.co/xbTlw82Q9S pic.twitter.com/8cqOHCkvSk
— milliyet.com.tr (@milliyet) 28 giugno 2016
Nel tweet si avvisa che è in vigore il divieto di pubblicazione per il media
L’attentato all’aeroporto di Istanbul ha però cambiato qualcosa anche per noi occidentali. Gli attentatori hanno colpito lo scalo internazionale, dove viaggiano persone provenienti da tutto il mondo perché agli occhi dei terroristi siamo tutti uguali.
Da una parte ci sono loro, i “giusti”, quelli che combattono contro gli “infedeli”; dall’altra ci siamo “noi”, quelli “sbagliati”, occidentali e no, cristiani e musulmani. Se si è trattato di terrorismo legato all’Isis o a quello più interno alla Turchia lo diranno le prossime ore. In ogni caso, anche oggi il web riscopre la solidarietà via bit: non saranno milioni di messaggi come Bruxelles, ma che ci siano cinguettii provenienti da tutto il mondo per le vittime di Istanbul è già un piccolo passo avanti.