[didascalia fornitore=”Ansa”]Le auto su cui viaggiavano il giudice Falcone, la moglie e gli agenti della scorta a Capaci[/didascalia]
Una donna nel commando della strage di Capaci che costò la vita al giudice Giovanni Falcone, alla moglie Francesca Morvillo e a tre agenti della scorta. È quanto emergerebbe dalle analisti effettuate su alcuni reperti trovati a poca distanza dal cratere che si creò dopo l’esplosione del tritolo il 23 maggio 1992. Secondo l’indiscrezione riportata da Repubblica, i procuratori di Caltanissetta hanno disposto indagini su due guanti in lattice, trovati a circa 63 metri dal luogo dell’attentato, affidandoli a uno dei maggiori esperti del settore, il professor Nicola Resta, docente di genetica medica dell’università di Bari, che è giunto alla conclusione della presenza di una donna in quel maledetto luogo.
Nel dettaglio, spiega il quotidiano, si tratterebbe dei “Reperto 4 A” e “Reperto 4 B”, i guanti in lattice che erano a pochi metri dal cratere di Capaci, vicino a una torcia e a un tubetto di mastice. Nel corso dell’ultimo processo, si stabilì che l’impronta digitale sulla pila della lampadina era di Salvatore Biondo, uno degli stragisti condannato all’ergastolo per la strage di Capaci: avrebbe fatto parte del commando che riempì di tritolo il cunicolo sotto l’autostrada.
Le analisi sul materiale genetico ritrovato all’interno dei due guanti di lattice, custoditi finora, come ricorda Repubblica, in un armadio blindato nel palazzo di Giustizia con la dicitura “Gabinetto regionale di polizia scientifica di Palermo”, hanno portato a due profili, uno maschile, che non appartiene a nessuno dei condannati, e uno femminile.
Secondo la perizia, il materiale genetico del reperto risulta “di almeno altri tre individui dove però la componente femminile attribuibile a uno o più soggetti di sesso femminile risulta essere maggiormente rappresentata”.
Il procuratore capo di Caltanissetta Amedeo Bertone, che conduce l’indagine con gli aggiunti Lia Sava, Gabriele Paci e con il sostituto Stefano Luciani, ha disposto nuovi accertamenti. “Abbiamo in programma un fitto calendario di cose da fare”, ha dichiarato a Repubblica, sottolineando come la procura non abbia mai smesso di indagare su uno degli episodi più sanguinosi della storia recente d’Italia.