Sono passati sedici anni dalla strage di Erba. Olindo Romano, in un’intervista rilasciata all’Adnkronos, ha dichiarato nei giorni scorsi che esistono nuove prove e un nuovo testimone chiave in grado di dimostrare la sua innocenza e quella della moglie Rosa Bazzi.
Ricostruiamo tutti i punti oscuri di una vicenda che ancora oggi è in grado di dividere l’opinione pubblica.
Era l’11 dicembre del 2006 quando, alle ore 20:06, una colonna di fumo si alzava da via Diaz 25, ad Erba. All’arrivo dei pompieri, la scena era raccapricciante. Tra il fumo e le fiamme al primo piano giaceva sul pianerottolo e in fin di vita un uomo, Mario Frigerio. Qualcuno gli aveva reciso la carotide e, credendolo morto, lo aveva abbandonato. Così, con l’ingresso nell’abitazione Marozuk-Castagna, i soccorritori scoprivano la mattanza: nel corridoio c’era il corpo martoriato di Raffaella Castagna, 30 anni, aggredita a sprangate e finita con un coltello. Poco distante si trovava anche il corpo di un’altra donna, Paola Galli, 60 anni, madre di Raffaella ed uccisa con la medesima modalità. Sul divano del soggiorno, seduto in una posizione innaturale e con le braccia aperte, c’era anche il corpicino di Yosef Marzouk, 2 anni, figlio di Raffaella.cAl piano superiore, poi, veniva scoperto un altro cadavere, quello di Valeria Cherubini, 55 anni, moglie di Frigerio. Il bilancio era drammatico: quattro vittime e un sopravvissuto. Per quella strage, il 3 maggio 2011, la Corte di Cassazione condannava Olindo Romano e Rosa Bazzialla pena dell’ergastolo.
Nei giorni successivi alla strage, le indagini si concentravano sul tunisino Azouz Marzouk, marito di Raffaella e con precedenti per droga. Apparentemente l’assassino per eccellenza. Straniero, islamico e da poco uscito con l’indulto. Se non fosse che – al momento dei fatti – Azouz si trovava in Tunisia in visita ai genitori. Quindi, gli inquirenti non poterono che prendere atto dell’estraneità dell’uomo ai fatti e confermare la veridicità del suo alibi.
Sulla scena del crimine non è stata trovata alcuna traccia di sangue di Rosa e Olindo. Questo per stessa ammissione dei Ris di Parma dopo dieci mesi di investigazione scientifica. Così come non è stata trovata in nessuno dei luoghi da questi frequentati. Abitazione, camper e automobile. Uno dei punti di forza dell’accusa ruota intorno alla micro-traccia rinvenuta sul battitacco esterno dell’auto di Olindo. Una traccia caratterizzata da esiguo materiale genetico della signora Cherubini commista a materiale derivante dall’attività di spegnimento del fuoco da parte dei pompieri. Orbene, l’analisi dell’auto dei coniugi Romano era stata effettuata dai Carabinieri di Erba la stessa notte della strage. Nello specifico – il verbale della prima perquisizione – metteva nero su bianco che la Seat Arosa era stata perquisita da uno dai carabinieri che, poco prima, aveva effettuato il sopralluogo sulla scena senza calzari. Quindi, vista la percentuale bassissima di materiale genetico commisto al materiale impiegato per spegnere le fiamme, non pare difficile comprendere come quella traccia sia stata dovuta a contaminazione. Involontaria, Certo. Ma pur sempre di traccia contaminata si parla.
Secondo le tempistiche calcolate la strage sarebbe stata compiuta in quindici minuti. Pare difficile che due assassini improvvisati abbiano potuto: uccidere in maniera chirurgica quattro persone, ferirne quasi mortalmente una quinta, ripulire automobile, appartamento e scappare. Ancora più improbabile è che non abbiano lasciato alcuna traccia nei due appartamenti degli orrori. Qualcuno potrebbe anche avanzare l’ipotesi che l’opera di spegnimento dei pompieri abbia contribuito a spazzare via le loro tracce. Non è così. Anzitutto perché all’interno dell’appartamento di Raffaella Castagna sono stati trovati elementi mai esaminati.
Come un accendino e diciannove mozziconi di sigaretta. Nessuna delle vittime fumava e neppure Rosa e Olindo. Chi ha fumato quelle sigarette in casa di Raffaella? Inoltre, sono stati rinvenuti anche un mazzo di chiavi, tre giubbotti e alcune formazioni pilifere sugli abiti di Youssef. Non appartenenti né alle vittime né a quelli che, secondo la giustizia italiana, sono i carnefici.
Le dichiarazioni di Mario Frigerio, unico sopravvissuto alla strage, hanno rappresentato la chiave di volta di tutta la vicenda. I media dell’epoca avevano lasciato intendere che, sin dai primi istanti della sua ripresa, il Frigerio avesse individuato Olindo Romano come uno degli autori della strage. Le intercettazioni ambientali ricavate dalla stanza dell’ospedale in cui era ricoverato scrivono però un’altra storia. Almeno inizialmente.
Frigerio aveva parlato per la prima volta il 15 di dicembre, quattro giorni dopo la strage, in presenza del PM Pizzotti. E lo aveva fatto descrivendo un aggressore dalla carnagione olivastra, con i capelli neri e corti, grosso e “forte come un toro”. Aggiungendo di non aver mai visto prima quella persona.
Il giorno successivo al primo interrogatorio – ad ulteriore conferma di quanto dichiarato – Frigerio faceva inviare dal suo legale un fax alla procura nel quale ribadiva la descrizione del suo aggressore. Dopo qualche giorno dalle prime dichiarazioni, però, il teste veniva nuovamente sentito. Questa volta dal maresciallo dei carabinieri di Erba.
Quest’ultimo chiedeva così a Frigerio di ricostruire la notte della strage. Nello specifico, gli aveva chiesto se conoscesse Olindo Romano. L’uomo ripropose la versione resa nei giorni precedenti. Ma, ripensandoci, aveva poi chiesto al militare il perché del riferimento ad Olindo. Quindi, incalzando, il maresciallo chiese all’uomo se effettivamente avesse mai avuto dubbi in ordine ad un’eventuale responsabilità di Olindo nella strage. Alla fine, Frigerio finiva con l’affermare che era stato proprio quest’ultimo ad aggredirlo.
Quello stesso Olindo che il 13 dicembre sarebbe dovuto comparire insieme alla moglie davanti ad un giudice per la querela sporta da Raffaella Castagna. Per giorni Mario Frigerio aveva dato una descrizione completamente opposta del suo aggressore. È bastata una conversazione con un uomo in divisa per fargli cambiare radicalmente idea. A conferma di come la memoria umana sia straordinariamente malleabile e fallibile. Frigerio confermò in via definitiva la versione dei fatti il 2 gennaio 2007.
Con il cambio di versione del testimone chiave, che aveva parlato solo di Olindo, veniva posta in regime di custodia anche Rosa Bassi. Nonostante la relazione autoptica avesse parlato di un’unica mano omicida e di un assassino destrimane. Mentre Rosa Bazzi è addirittura mancina.
I coniugi Romano si mettevano fin da subito nelle mani degli avvocati assegnatili d’ufficio. Che gli consigliarono di confessare perché, dal loro punto di vista, non avrebbero avuto scampo. Rosa, però, fin da subito aveva opposto resistenza. Non voleva ammettere ciò che non aveva fatto.
Il verbale di interrogatorio di Olindo, redatto il 6 gennaio 2007, evidenziava come l’uomo non ricordasse niente della mattanza. Per tale ragione, i pubblici ministeri si erano determinati nel senso di mostrargli le immagini della scena del crimine. Così Olindo aveva confessato come poteva. Cercando poi di convincere anche la moglie a confessare. Ma Rosa era del tutto incapace di ricostruire quanto accaduto. Ciò perché, probabilmente, né lei né il marito avevano mai messo piede sulla scena del crimine. Dunque, gli inquirenti decisero – come cristallizzato nel verbale di interrogatorio – di farle ascoltare la confessione di Olindo chiedendo di confermarla integralmente. E così fece.
Rosa e Olindo sono davvero i responsabili della strage di Erba? Sicuramente troppi restano i punti oscuri della vicenda.
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