È una delle stragi più assurde di questi ultimi tempi. L’hanno denominata “strage di Halloween” quella che è accaduta a Seul. 150 sono le persone rimaste uccise, ma ciò che sconvolge è il numero di dispersi.
All’appello mancano ancora 300 persone. Nonostante tutto, la città si è fermata e continua a rendere omaggio alle vittime.
In una Seul straziata, angosciata e piangente per una strage che poteva esser evitata, sono ancora tante le persone che mancano all’appello. Erano più di 100mila i giovani che si erano radunati per il primo evento senza restrizioni alcune dopo due anni di pandemia. Spazi angusti e stretti, strade senza uscita e pochissima polizia a mantenere l’ordine.
Di preciso, non si conosce ancora la dinamica di quello che è accaduto. Sta di fatto che, all’appello mancano ancora 300 persone. Non si sa se siano disperse, se siano morte o ferite o, ancora ricoverate in altri ospedali. 150 sono, invece, quelle rimaste uccise nella calca.
Nonostante tutto, la città si è fermata e a loro rende omaggio con preghiere, fiori deposti sul luogo della strage. Dall’altro lato c’è la Polizia che sta indagando per cercare di capire la dinamica esatta di ciò che è successo.
Fra le 150 vittime accertate, 19 sono gli stranieri. Ma il numero cresce ancora di più se si va a vedere l’età media di chi è rimasto ucciso dalla calca: 97 ragazze e 54 ragazzi. Numeri impressionanti perché la maggior parte di loro non aveva nemmeno 30 anni. 355 persone: questo è il numero di coloro che, dalle rispettive famiglie, sono stati denunciati perché scomparsi e di cui non si hanno ancora notizie.
Fra questi, fa sapere la Farnesina, non c’è nessun cittadino italiano. Il ricordo delle vittime, sia sul luogo dove è avvenuta la strage che altrove, con altari veri e propri, dove ci si ferma in preghiera, dove si depongono fiori bianchi in memoria delle giovanissimi vittime. Davanti a questi è arrivato anche il presidente della Corea del Sud, Han Duck – Soo. Con lui anche l’ex segretario dell’ONU, Ban Ki – Moon.
Una strage dai contorni ancora poco chiari se pensiamo soltanto all’elevato numero di persone lì presenti e l’esiguo, troppo, invece delle Forze dell’Ordine. Anche un messaggio di cordoglio per i vescovi cattolici presenti nel Paese è arrivato dal segretario generale della Conferenza Episcopale Coreana, padre Cheol-su Lee. La preghiera a Dio per tutte le vittime ma, anche, la vicinanza a tutte le famiglie in lutto.
Anche l’ambasciatore italiano in Corea del Sud, Failla, è sotto shock: “Abbiamo saputo che sono morti 26 stranieri ma nessuno di questi è italiano” – spiega, tranquillizzando anche che, fra i dispersi che sono stati segnalati, nessuno è italiano.
Un’area della città che si è affollata eccessivamente, strade molto strette, tanti locali e nessuna via di fuga. Una tragedia che, al momento, non riesce ancora a trovar nessuna spiegazione. La Corea del Sud ha proclamato una settimana di lutto nazionale, per esser vicina alle tante famiglie che, in queste ore, stanno vivendo un grande dolore.
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