È stato svelato il nome dell’attentatore della strage di Istanbul nella discoteca Reina della notte del 31 dicembre 2016 che ha provocato la morte di 39 persone. La polizia turca lo ha identificato come il cittadino uzbeko Abdulkadir Masharipov: si tratterebbe di un presunto militante dello Stato islamico. A riferirlo è il quotidiano Hurriyet. L’uomo era arrivato nella città turca dalla provincia di Konya il 15 dicembre. Secondo recenti informazioni, prosegue il quotidiano, una cellula dell’Isis composta da uzbeki avrebbe fornito appoggio logistico a Masharipov, noto con il nome in codice Ebu Muhammed Horasani. L’assalitore resta in fuga, dopo essere fuggito dalla discoteca dopo l’attentato.
La notizia giunge dopo un rimpallo di identikit: l’ultima versione era arrivata dal vicepremier turco Veysi Kaynak secondo cui il killer sarebbe stato “probabilmente un uiguro“, minoranza musulmana e di lingua turca che vive nello Xinjiang, una regione autonoma della Cina e zona dove l’Isis ha fatto breccia, visto che ha cominciato a diffondere molti comunicati nella lingua locale.
Secondo il vicepremier, l’attentatore non avrebbe agito da solo ma con l’aiuto di una rete di complici: “Sono dell’opinione che non sia possibile che l’autore abbia eseguito un simile attacco senza alcun aiuto. Sembra una cosa da servizio segreto. Tutte queste cose vanno valutate”. Negli ultimi giorni in Turchia decine di persone sono state arrestate proprio perché sospettate di essere complici del killer, che intanto potrebbe essere fuggito all’estero. L’attentatore, sostengono le autorità, sarebbe stato addestrato in Siria e avrebbe combattuto per anni tra le fila della guerriglia. Prima di passare all’azione nella notte di San Silvestro, quando ha aperto il fuoco uccidendo 39 persone e ferendone altre 65 all’interno della discoteca Reina, locale molto frequentato affacciato sul Bosforo.
Nei giorni scorsi era caduta la pista del kirghiso Iakhe Mashrapov, 28 anni, interrogato e rilasciato dalla polizia perché il giorno della strage non si trovava in Turchia. L’uomo, individuato e interrogato dalle autorità locali nella sua casa nel distretto di Kara-Suu, ha negato qualsiasi coinvolgimento, affermando di essere stato in Turchia, per affari, tra il 28 e il 30 dicembre e poi di nuovo tra il primo gennaio e il 3 gennaio 2017. La notte della strage si trovava invece in Kirghizistan: a scagionarlo i timbri sul passaporto. Proprio la sua foto del passaporto aveva tratto in inganno la polizia, a causa della somiglianza con il presunto killer. Una volta chiarito l’equivoco la polizia lo ha rilasciato. Era stata arrestata anche sua moglie, che aveva assicurato di non essere al corrente di niente: “Ho saputo dell’attacco dalla tv. Non sapevo che mio marito fosse un simpatizzante di Daesh”.
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Il killer resta ancora senza nome, in attesa che il governo fornisca l’identità. Dell’uomo erano state diffuse le immagini estrapolate dalle registrazioni delle videocamere di sorveglianza e dal video-selfie girato probabilmente qualche ora prima dell’attentato. Il terrorista, stando alla rivendicazione dell’Isis, sarebbe dunque Daesh.
Le autorità turche hanno anche ricostruito i presunti movimenti del killer. Avrebbe preso un taxi dal popoloso quartiere di Zeytinburnu, periferia sud-est della parte europea di Istanbul dove vivono migliaia di siriani, afgani, balcanici, centroasiatici e uiguri. È in questa zona che la polizia ha poi effettuato un blitz arrestando dodici sospetti.
Dopo aver preso il taxi l’uomo sarebbe sceso vicino la discoteca Reina, quartiere Ortakoy, verso l’1.15 locali (le 23.30 del 31 dicembre in Italia). Causa traffico, avrebbe fatto gli ultimi minuti a piedi. Poi, come mostra questo video, l’irruzione nel locale dove avrebbe ucciso 39 persone e terrorizzato, tra gli altri, cinque italiani rimasti illesi.
Dopo la strage (sarebbe salito prima al primo piano per sparare a chi stava festeggiando sotto, poi sarebbe sceso per completare il lavoro) si sarebbe rifugiato in cucina dove sarebbe rimasto circa 15 minuti prima di riuscire a fuggire indisturbato, cambiandosi il cappotto lasciato per terra con in tasca 500 lire turche e 135 euro.
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