Strage di Orlando, polemiche sull’Fbi

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Nel giorno in cui si piangono le vittime della strage di Orlando, scoppia la polemica e una parte dell’America punta il dito contro l’Fbi. L’attentatore Omar Mateen era ben noto agli agenti e sono in molti a chiedersi se la tragedia nel club Pulse si sarebbe potuta evitare. La domanda principale è questa: come è possibile che Mateen, interrogato già tra volte per presunti legami con il terrorismo islamico, abbia potuto acquistare legalmente un fucile e una pistola?

Mateen, il 29enne di origine afgane era stato interrogato nel 2013, come ha riferito l’agente Ron Hopper dell’Fbi, per accertamenti dopo i suoi “commenti provocatori con colleghi su possibili legami con i terroristi”. In quel caso l’uomo fu interrogato due volte, ma l’Fbi chiuse il caso per non aver trovato alcun riscontro ai commenti. Nel 2014, giusto un anno dopo, il 29enne fu indagato nuovamente l’anno per i suoi possibili legami con Moner Mohammad Abusalha, il primo americano a compiere un attacco suicida in Siria. Anche in quel caso l’Fbi archiviò l’indagine perché, come spiega sempre Ron Hopper, fu stabilito che “il contatto era minimo e non costituiva alcuna relazione importante o minaccia in quel momento”. Peccato però che Mateen si sia poi, a soli due anni dopo, rivelata un’effettiva minaccia e così, oggi ci si interroga sull’efficienza del servizio di sicurezza americana.
Terrorismo e falle nel sistema di sicurezza, sono diversi i casi di denuncia, tra questi fece scalpore in Inghilterra il caso del boia dell’Isis, Jihadi John che era stato rilasciato su cauzione nonostante l’accusa di istigazione al terrorismo ed era riuscito a sfuggire alla sorveglianza e poi espatriare in Siria.
Mateen era noto alle forze dell’ordine, ha acquistato un fucile e una pistola e alle 2 del mattino di domenica 12 giugno un uomo ha sparato all’impazzata sulla folla nel noto locale gay, il Pulse Club e fatto una strage.

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