La strage di Piazza della Loggia a Brescia, che il 28 maggio 1974 provocò 8 morti e 102 feriti, ha finalmente dei colpevoli definitivi, nomi e volti responsabili di una delle peggiori stragi degli Anni di Piombo. La Corte di Cassazione ha confermato l’ergastolo per Carlo Maria Maggi e Maurizio Tramonte che è stato arrestato a Fatima, in Portogallo, dopo che era stato irraggiungibile per giorni. La conferma degli ergastoli per i due esponenti di Ordine Nuovo, è stata letta in Corte di Cassazione alle 23,26 del 20 giugno, come ha ricordato Brescia Oggi: in quell’esatto momento si è chiuso l’iter processuale complesso e tortuoso e la verità giudiziaria ha coinciso con quella storica e investigativa. “Oggi potete mettere la parola fine, per la strage non ci saranno solo presunti autori“, sono state le parole del sostituto pg Alfredo Viola.
“Non ho parlato con lui dopo la sentenza, non ci siamo sentiti“, aveva detto l’avvocato Marco Agosti, legale di Maurizio Tramonte. A ridosso della sentenza, era stato lo stesso legale a chiarire che, con la sentenza della Cassazione, per il suo cliente si sarebbero aperte le porte del carcere e ora sarà così. Residente a Brescia, Tramonte era irraggiungibile da alcuni giorni e col cellulare spento.
I Ros hanno così emesso un mandato di cattura europeo che ha portato al suo arresto a Fatima, in Portogallo, dove è stato già condotto in carcere in attesa di tornare in Italia dove dovrà scontare la pena. In molti si chiedono come sia stato possibile che Tramonte, già condannato al processo di Appello bis, sia potuto fuggire all’estero. Nella sentenza emessa dai giudici di Milano non erano stati disposti né misure cautelari né il ritiro del passaporto.
[didascalia fornitore=”Ansa”]Maurizio Tramonte in una foto di repertorio[/didascalia]
In Aula ci sono stati momenti di grande commozione: ad attendere la lettura della sentenza, tra gli altri, c’era Manlio Milani, presidente del Comitato delle vittime, che perse la moglie nell’attentato.
Nella sua requisitoria il pg Viola aveva chiesto di convalidare il verdetto dell’appello bis, emesso dai giudici di Milano nel 2015, che avevano condannato Maggi e Tramonte all’ergastolo come i mandanti della strage. “È arrivata l’ora della verità“, aveva detto il pg, sottolineando le “reticenze e i depistaggi, troppi, che hanno percorso le indagini sulla strage, come se la coltre di fumo sollevata dall’esplosione della bomba, la mattina del 28 maggio di 43 anni fa, si fosse invece propagata sull’Italia intera“.
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“Si tratta di un processo indiziario, complesso ma non impossibile: anche se non c’è la pistola fumante, è lo stesso possibile accertare le responsabilità e in questa vicenda ci sono voluti anni per rimuovere gli effetti di indagini errate, o volutamente errate“, ha aggiunto.
La storia dei processi per la strage di Piazza della Loggia è complicata e tortuosa, specchio delle distonie di un Paese che ha faticato a lungo a uscire dalla stagione del terrorismo e che ha voluto quasi dimenticarla, complice una classe dirigente che non ha saputo dare risposte ma solo dubbi.
[didascalia fornitore=”Ansa”]Maggi (sinistra) e Tramonte (destra)[/didascalia]
“Dopo 43 anni diritto e giustizia potranno coincidere“, ha ricordato il pg Viola e così è stato. Maggi, oggi ottantenne residente a Venezia e all’epoca leader dell‘organizzazione neofascista Ordine Nuovo, e Tramonte, padovano e membro della stessa cellula neofascista, l’ex “Fonte Tritone” dei servizi segreti del Sid e infiltrato nel gruppo, sono i mandanti di quella strage e sono colpevoli.
La loro condanna nasce da un filone di indagine che nel 2010 aveva portata all’assoluzione per tutti gli imputati: oltre a Maggi e Tramonte, c’erano infatti anche Delfo Zorzi, Francesco Delfino e Pino Rauti, assolti anche in appello nel 2012. Due anni dopo la Cassazione ha accolto le richieste dell’accusa della Procura Generale di Brescia e ha aperto un nuovo processo per Maggi e Tramonte, assolvendo però Zorzi, attualmente in Giappone con un altro nome, in via definitiva.
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