Alessandro Maja, l’uomo che lo scorso 4 maggio ha ucciso a martellate la moglie e la figlia Giulia, nonché ferito gravemente l’altro figlio Niccolò, verrà sottoposto a perizia psichiatrica.
Il Presidente della Corte d’Assise Di Busto Arsizio ha infatti accolto la richiesta avanzata dalla difesa del geometra. Una richiesta che non ha trovato opposizione né del pubblico ministero Martina Melita, né dal legale della famiglia Pivetta, costituitasi parte civile al processo.
Alessandro Maja era davvero incapace di intendere e di volere al momento del fatto? Difficile crederlo. Una personalità con tratti spiccatamente narcisistici, che per uccidere ha utilizzato un martello. Un martello che, brandito con una disumana ferocia, ha concretizzato una vera e propria strage familiare. “Vi ho ucciso tutti bastardi”. Questa la frase pronunciata dall’ex geometra dopo aver ferito gravemente il figlio ed ucciso la moglie e la figlia.
Un uomo decisamente ossessionato dal denaro e dalla sua gestione. Dunque, mosso da un’incontenibile esplosione interiore di rabbia e frustrazione esistenziale. In alcun modo arginabile.
Persino il tentativo di suicidio, azionato dall’uomo dopo i fatti, può essere considerato parte del piano. Proprio perché non andato a buon fine. Per quale ragione non è riuscito a togliersi la vita? Una domanda lecita. Tuttavia, in personalità come quelle di Alessandro Maja, la volontà di sterminare gli altri è sempre più forte di quella di eliminare sé stessi. Per tale ragione, seppur tentando il suicidio, lo ha fatto in maniera blanda, debole. Questo è anche il motivo per il quale è sopravvissuto. Del resto, qualche ora prima della strage, aveva sussurrato nell’orecchio alla figlia Giulia la parola “scusa”. Per lavare la propria coscienza rispetto al gesto che si accingeva a compiere.
Ciò detto, non può negarsi come la richiesta di perizia psichiatrica rientri nelle facoltà di un imputato. E dunque Maja ha tutto il diritto di essere periziato. Tuttavia, è verosimile ritenere che la richiesta sia stata accolta dal Presidente della Corte d’assise proprio per accertare incontrovertibilmente la capacità dell’uomo nel momento in cui si consumava la tragedia. Una considerazione peraltro avvalorata dal fatto che né il Pm né la parte civile si è opposta allo svolgimento della perizia medesima. Difatti, c’è un altro elemento che farebbe presagire la premeditazione. In questo senso, Maja ha colpito in un momento ben preciso: quando tutti dormivano. Approfittando così della condizione di minorata difesa nella quale versavano i suoi figli e sua moglie.
Tendenzialmente è possibile affermare che ad ogni delitto corrisponda la sua arma, che denota lo stato d’animo dell’omicida. Alessandro Maja ha utilizzato un’arma che restituisce molte informazioni sulle motivazioni sottese alla strage. Il martello è infatti simbolo di distruzione, annientamento. E questo era il suo obiettivo. Annientare tutti i membri di una famiglia che non percepiva più come sua. Dopo la volontà palesata da parte della moglie di volersi separare.
Non solo perché da quel disgregamento familiare ne sarebbe derivata una profonda umiliazione pubblica, insostenibile per una personalità narcisistica come la sua. Ma anche perché la separazione avrebbe comportato gravi ripercussioni dal punto di vista finanziario. Ripercussioni che si sarebbero inevitabile tradotte in una perdita del suo status economico.
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