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Categories: Cronaca

Strage Viareggio, la sentenza dopo oltre 7 anni dalla tragedia

Dopo oltre sette anni dalla strage di Viareggio, in cui persero la vita 32 persone per l’esplosione di una cisterna di gas in seguito al deragliamento di un treno merci, è giunta la sentenza: Mauro Moretti è stato giudicato colpevole, per lui le pena è di sette anni. L’accusa ne aveva chiesto 16 anni. Condannato anche Michele Mario Elia, a sette anni e sei mesi di reclusione, come pure Vincenzo Soprano, ex ad di Trenitalia. Il processo di primo grado vedeva 33 persone imputate, a vario titolo, per disastro ferroviario, omicidio colposo plurimo, incendio colposo e lesioni colpose. Per gli ex vertici delle Ferrovie dello Stato, della Gatx, di Junghental e Cima Riparazioni, i pm Giuseppe Amodeo e Salvatore Giannino hanno chiesto pene dai 5 ai 16 anni per un ammontare di oltre 250 anni. I pm avevano chiesto invece le assoluzioni per l’amministratore unico di Cima Riparazioni, Giuseppe Pacchioni, per Stefano Rossi di Rfi, per Andreas Barth dell’officina Jugenthal Waggon di Hannover e per Andreas Carlsson, responsabile di stabilimento Jugenthal Waggon Hannover.

Poco prima del pronunciamento della sentenza, è stata una cittadina viareggina presente nell’affollata sala a chiedere, a gran voce, “un applauso per i familiari delle vittime”. Le circa 200 persone presenti, in gran parte viareggine, si sono alzate in piedi e hanno battuto le mani.

LA STRAGE DI VIAREGGIO
Il 29 giugno 2009, alle ore 23 e 48, il treno merci 50325 Trecate-Gricignano deragliò dai binari provocando la fuoriuscita di gas da una cisterna contenente GPL che si era danneggiata dopo l’urto. Immediatamente si innescarono diversi incendi che interessarono non solo la stazione di Viareggio, ma anche le case vicine. Il bilancio dei morti salì di ora in ora, poi di giorno in giorno. Dai sei annunciati in un primo momento, i morti salirono a 32, tra questi alcuni bambini. L’ultima vittima è stata Elisabeth Silva, morta dopo quasi sei mesi di agonia.

IL PROCESSO PER LA STRAGE DI VIAREGGIO
Al processo, come imputati ci sono 33 persone, tra cui gli ex vertici delle Ferrovie dello Stato, della Gatx, proprietaria del carro deragliato, di Junghental, azienda responsabile della manutenzione dei carri cisterna e Cima Riparazioni, l’azienda che ha montato l’assile sul carro. Le accuse variano da disastro ferroviario a omicidio colposo plurimo, da incendio colposo a lesioni colpose.

Finito il primo grado, c’è la possibilità che in quelli successivi possa scattare la prescrizione per alcuni dei reati contestati agli imputati. In particolare per incendio colposo e lesioni colpose. Le famiglie delle vittime chiedono da tempo una legge specifica per impedirlo.

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LE RICHIESTE DEI PM PER GLI IMPUTATI A PROCESSO SULLA STRAGE DI VIAREGGIO
La pena più dura è stata chiesta per Mauro Moretti, allora amministratore delegato di Ferrovie dello Stato (società capogruppo Trenitalia, Logistica e Rfi): 16 anni. Per l’accusa non ha “valutato i rischi nel trasporto di merci pericolose né è intervenuto per salvaguardare la sicurezza dei lavoratori”. Il giudice ha deciso per lui sette anni di galera. Ma va precisato che Moretti è stato assolto come amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato, mentre è stato condannato in qualità di ex ad di Rfi.

Per Michele Mario Elia, amministratore delegato di Rete Ferroviaria Italiana, sono stati chiesti 15 anni, ma il giudice ne ha stabiliti 7 e sei mesi. Avrebbe dovuto garantire la sicurezza del trasporto di merci pericolose.

Per Giulio Margarita, direttore Sistemi di sicurezza della circolazione dei treni e dell’esercizio ferroviario, sono stati chiesti 13 anni: avrebbe potuto regolare la velocità dei treni e determinare le scelte aziendali in merito alla sicurezza.

Per Enzo Marzilli, direttore della direzione norme, standard e sviluppo ed omologazione di Rfi, chiesti 9 anni: gestiva politiche e indirizzi in materia di sicurezza.

Nove anni anche per Salvatore Andronico, dirigente della Sicurezza di sistema nella divisione Cargo di Trenitalia: era tenuto all’analisi e alla valutazione dei rischi nel trasporto di merci pericolose. Stessa pena per il direttore della divisone Cargo, Mario Castaldo, colpevole secondo la Procura di Lucca di aver fatto circolare un carro gravemente difettoso.

Sono stati chiesti nove anni anche per il direttore della direzione tecnica di Rete Ferroviaria italiana, Giorgio Di Marco: avrebbe dovuto elaborare il piano annuale di sicurezza della circolazione ferroviaria.

Otto anni chiesti per Vincenzo Soprano, amministratore delegato di Trenitalia e di Fs Logistica. il giudice ne ha stabiliti sette e sei mesi. Otto anni chiesti per Emilio Maestrini, già responsabile direzione ingegneria e sicurezza di Trenitalia.

Cinque anni per il direttore dell’infrastruttura di Firenze di Rfi, Calogero di Venuta: non ha valutato i rischi nella tratta di sua competenza per il trasporto di merci pericolose all’interno di un centro abitato, né ha segnalato a Rfi la sostituzione del picchetto alla stazione di Viareggio, un pezzo di metallo piantato lungo i binari, che avrebbe squarciato, secondo la procura, la cisterna da cui uscì il gpl.

Sei anni e 6 mesi richiesti per il direttore della So armamento, direzione tecnica di Rfi, Giuseppe Farneti: avrebbe potuto far rimuovere il picchetto e valutare gli investimenti da fare in tema di sicurezza, essendo sindaco revisore; avrebbe potuto promuovere anche l’uso dell’antisvio, il dispositivo (non obbligatorio e attualmente in fase di sperimentazione in FS) che ferma il treno in caso di deragliamento.

Cinque anni e mezzo chiesti per Angelo Pezzati, ex direttore compartimentale infrastruttura Rfi Firenze. Cinque anni anche per Mario Testa, dirigente di Rfi.

I Pm hanno richiesto la pena di nove anni anche per Francesco Favo, direttore dell’istituto sperimentale di Rfi, così come per Alvaro Fumi, direttore dell’istituto sperimentale Rfi. Non avrebbe verificato che i controlli sull’assile fossero adeguati e non avrebbe preteso, per i carri stranieri, pari standard di manutenzione rispetto a quelli immatricolati in Italia: per questo l’accusa ha chiesto 12 anni per Gilberto Galloni, a.d. di FS Logistica.

Otto anni sono stati chiesti per Emilio Maestrini, ex responsabile direzione ingegneria, sicurezza e qualità di sistema di Trenitalia. Alle aziende coinvolte, tranne la Cima Riparazioni, infine, i pm hanno chiesto una sanzione da un milione di euro ciascuna.

L’accusa ha chiesto inoltre otto anni per il capocommessa Paolo Pizzadini e sette anni per il caposquadra carri Massimo Vighini, entrambi della Cima Riparazioni. Otto anni e 6 mesi sono stai chiesti per Daniele Frattini, responsabile tecnico Cima riparazioni: accertò che i lavori di manutenzione fatti sul carro, che poi deragliò a Viareggio, erano stati “fatti a regola d’arte”.

Nove anni per Uwe Koennecke, responsabile officine Jungenthal Jugenthal di Hannover che lo revisionò.

Dieci anni per Rainer Kogelheide, amministratore delegato Gatx Rail Germania, azienda proprietaria del carro, nonché direttore dell’officina Jugenthal di Hannover: per i pm non ha controllato l’operato dei suoi dipendenti e ha lasciato che l’assile superasse il controllo dell’officina.

Sei anni e 8 mesi per Uwe Kriebel, operatore addetto alla verifica a ultrasuoni dell’Officina Jungenthal, quello che non vide la crepa.

E ancora: 8 anni e tre mesi per Joachim Lehman, supervisore e responsabile esami non distruttivi presso Officina Jungenthal, 9 anni a Peter Linowski, responsabile sistema manutenzione Gatx Rail.

Dieci anni sono stati chiesti per Johannes Mansbart, amministratore delegato a Gatx Rail Austria.

L’accusa ha infine chiesto otto anni e tre mesi per Roman Mayer, responsabile della manutenzione flotta carri merci Gatx Rail Austria. Sette anni e sei mesi per Andreas Schroter, supervisore dell’officina Jugenthal Waggon e nove anni per Peter Linowski, capo del sistema di manutenzione di Gatx Rail Germania.

Chieste le assoluzioni, invece, per l’amministratore unico di Cima Riparazioni, Giuseppe Pacchioni, per Stefano Rossi di Rfi, per Andreas Barth dell’officina Jugenthal Waggon di Hannover e per Andreas Carlsson, responsabile di stabilimento Jugenthal Waggon Hannover.

Kati Irrente

Giornalista per vocazione, scrivo per il web dal 2008. Mi occupo di cronaca italiana ed estera, politica e costume. Naturopata appassionata del vivere green e della buona cucina, divido il tempo libero tra musica, cinema e fumetti d'autore.

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