La Corte d’Assise di Napoli ha assolto Adalgisa Gamba, la 41enne accusata di aver ucciso il figlio di 2 anni e mezzo, il piccolo Francesco, perché giudicata incapace di intendere e di volere al momento dei fatti. La donna pensava che il figlio fosse affetto da autismo. Proprio il giorno dopo il delitto, aveva appuntamento per una visita specialistica.
Il giudice della Corte d’Assise di Napoli ha applicato una misura di sicurezza della libertà vigilata presso una struttura di riabilitazione per almeno 15 anni.
Era il 2 gennaio del 2022 quando i Carabinieri di Torre del Greco (Napoli) intervennero sulla spiaggia del litorale partenopeo per soccorrere una donna, che era stata a sua volta soccorsa da due giovani che stavano passeggiando sulla battigia. Adalgisa Gamba, questo il nome della donna, riferì ai carabinieri di aver subito una violenza sessuale, poi parlò di un incidente mentre era in mare con il figlio di 2 anni e mezzo, il piccolo Francesco.
Ad allertare i carabinieri, prima della chiamata dei due giovani, era stato il marito della 41enne, che – rientrato a casa – non aveva trovato né la moglie, né il bambino e si era preoccupato. Adalgisa Gamba fu trovata seduta su uno scoglio, con in braccio il piccolo Francesco, ormai senza vita.
Le indagini e l’esame autoptico accertarono che il bambino morì per soffocamento. Il piccolo fu strangolato dalla madre, forse con una sciarpa. La donna pensava che il figlio fosse affetto da autismo. Proprio il giorno dopo il delitto aveva appuntamento per una visita specialistica.
La Corte d’Assise di Napoli ha assolto Adalgisa Gamba, perché giudicata incapace di intendere e di volere al momento dei fatti. All’imputata è stata imposta una misura di sicurezza della libertà vigilata presso una struttura di riabilitazione, per almeno 15 anni.
Al momento della sentenza, in aula era presente anche il marito di Adalgisa Gamba, che ha espresso tutto il suo disappunto per la decisione dei giudici. “Sei un’assassina, devi morire” le ha urlato l’uomo. Per le motivazioni della sentenza si dovranno attendere 90 giorni. Il legale della donna si è detto soddisfatto, perché giustizia è stata fatta con il riconoscimento della malattia da cui è affetta la sua assistita.
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