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Economia

Studenti fuori sede: un tesoro da 10 miliardi di euro per le città universitarie

Gli studenti fuori sede rappresentano una ricchezza importante per le varie città ospitanti: i prezzi variano a seconda della località.

Roma studenti davanti al Ministero – Nanopress.it

Come riporta nella giornata odierna Il Sole 24 Ore, gli studenti universitari rappresentano per diverse città italiane un vero e proprio tesoro. Si parla di 10 miliardi di euro in totale, anche se i costi sono molto volatili, e variabili, a seconda della città ospitante. Si va dalle più care Milano, Roma, Bologna, Firenze, alle più abbordabili Palermo, Cagliari e Napoli. Ma il costo di un appartamento va allineandosi un po’ in tutta Italia, così come quello (folle) della vita in generale. Le famiglie potranno ancora permettersi un tale esborso economico?

Studenti universitari fuori sede: il tesoro miliardario delle città ospitanti

Gli studenti sono una ricchezza per le città cosiddette “universitarie“, e non è certo un segreto. Un tesoro, quello messo da parte dalle sedi più ambite, che può toccare secondo quanto riportato oggi sulle colonne del Sole 24 Ore fino ai 10 miliardi di euro l’anno.

Ma la presenza di tutti questi studenti a volte può anche avere risvolti negativi, ad esempio per la popolazione del luogo che in cerca di una casa in affitto si ritrova nella bagarre dei rialzi da parte dei proprietari. Con le recenti (non) azioni del governo inoltre, sono proprio i proprietari delle stanze e degli alloggi in affitto – usciti più che dignitosamente dalla “crisi” post Covid – a distribuire le carte e decidere il gioco.

I numeri recentemente analizzati da Raffaele Lungarella sul quotidiano economico-finanziario, tramite l’incrocio di dati sulla provincia di provenienza degli studenti e la città in cui ha sede l’ateneo, risulta infatti che nel 2021/2022 gli studenti fuori sede sono stati 1,6 milioni. Un altro milione e mezzo invece iscritto in una università dove i locali erano 700mila e i fuori sede 800mila.

Con le dovute approssimazioni e le differenze geografiche delle spese sostenute a seconda della città, la spesa media annua per ogni studente è stata di circa 10mila euro all’anno. Un importo con il quale, dopo aver pagato alloggio, retta, e beni di primissima necessità rimane poco se non nulla nelle tasche. Molte famiglie investono dunque decine di migliaia di euro nell’istruzione dei figli, ma non è – come noto – la retta universitaria spesso il problema, quanto la sopravvivenza. Nella grandi città infatti, calcolando gli aumenti del costo della vita, per gli stupendi – ma anche per altre fasce di giovani come i lavoratori under 30 – è diventato molto difficile se non impossibile sostenersi economicamente.

E le sedi universitarie che beneficio economico ottengono da questa permanenza fuori sede? Secondo quanto emerso da alcune città prese in esame – tra cui Pisa, Cosenza, Pavia, Padova, Siena, Bologna, Macerata, Ferrara, Enna, Salerno, Milano, Parma, Ancona, Cagliari, Firenze, Trento, Perugia, Udine, Bari, Venezia, Bergamo, Torino, Catanzaro, Viterbo, Lecce, Teramo, Trieste, Verona, Messina, Catania, Napoli, Benevento, Palermo, Roma, Genova, Foggia, Brescia, Bolzano, Raggio Calabria e Aosta – il beneficio si attesta sugli 8 miliardi di euro complessivo. Si arrotonda facilmente a 10 questa cifra, considerando gli studenti che risiedono nella stessa provincia per i quali non è possibile per una ragione o per un’altra frequentare da pendolari.

Come detto però, questo ha delle ricadute sugli abitanti del luogo.

Le ricadute, gli alloggi e gli studentati

La cifra di 8 miliardi rappresenta praticamente più dello 0,4% del Pil del Paese, anche se corrisponde al 5% del reddito Irpef dichiarato dai cittadini delle città prese in esame dall’analisi condotta. Pagamenti dunque, non sempre dichiarati. Infatti, solo a Siena, Pavia, Enna, Cosenza e Padova se i pagamenti degli studenti fossero dichiarati da chi li incassa arriverebbero alla cifra del 10% dell’Irpef. A Pisa si toccherebbe il 20%, con effetti sull’economia cittadina consistente.

Ad esempio a Bologna la spesa degli universitari rappresenta una grande fetta del reddito degli abitanti.

In città come Aosta, Reggio Calabria, Brescia e Bolzano la spesa non tocca nemmeno l’1% del reddito, ma questo vale anche per alcune economie delle grandi città come Roma. La capitale, con atenei del calibro della Sapienza e Tor Vergata, Roma 3, Cattolica, Luiss e così via, tocca una percentuale di spesa complessiva dell’1,3%. Numeri bassi anche per Milano e Napoli, che arrivano rispettivamente al 3,9% e al 4,1% – riporta sempre Il Sole -. Un tesoro male usato da alcune città, dunque, e per certi casi non dichiarato.

Napoli, studenti fuori sede della facoltà di lettere e filosofia protestano contro il caro affitti – Nanopress.it

Le camere e gli alloggi vincono ancora sugli studentati, soprattutto per quanto riguarda le città universitarie più “popolari”, con gli atenei più rinomati e prestigiosi. Una grossissima parte della cifra sborsata ogni anno dalle famiglie dei giovani universitari infatti finisce dritta nelle tasche dei proprietari degli alloggi, tra stanze singole e posti letto fatiscenti (per la maggior parte delle volte) affittate a prezzi letteralmente folli. Ma come fa notare ancora Lungarella che poi intravede come soluzione quella degli studentati, proprietari e affittuari raramente ricordano che quelle tasse lo stato dovrebbe finanziare le università, che creano appeal per la città, che chiamano giovani a trasferirsi (e poi a essere sfruttati).

Ma il governo con il Pnrr ha rinunciato a 500 milioni di euro destinati agli studentati, che nel nostro paese proprio non si riesce a realizzare. A favore del business delle camere in affitto non dichiarate ormai insostenibile, costruito sulle spalle dei ragazzi e delle famiglie che di questo passo non potranno più permettersi di mandare i figli a studiare nei migliori atenei, facendo buchi anche nell’economia locale delle città ospitanti.

Antonio Meli

Classe 1993, laureato in comunicazione e lingue, e in giornalismo, tra Siena e Roma. Appassionato di cinema, musica, storia e spettacolo. Mi piace scrivere e criticare.

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