Il 22 febbraio 2016 scadono le iscrizioni scolastiche per gli studenti del primo anno della scuola primaria, della scuola secondaria di primo grado e della scuola secondaria di secondo grado, come anche per i giovani che hanno intenzione di frequentare un Centro di Formazione Regionale (CFP) in Piemonte, Lazio, Lombardia, Molise, Sicilia e Veneto. Ma quanto conta, e quanto pesa davvero l’istruzione scolastica in Italia? A vedere i risultati (scarsi) illustrati dall’Ocse, gli alunni italiani mantengono grosse lacune soprattutto in matematica, in inglese e in informatica, cioè in quelle materie fondamentali ai nostri giorni, ossia essenziali per il mercato del lavoro.
Gli studenti italiani negli ultimi anni hanno collezionato scarsi risultati frequentando le scuole statali e paritarie. Nello specifico, secondo i dati del 2012 presi in esame dall’Ocse nell’ambito del Progetto PISA (Programme for International Student Assessment), gli studenti con chiare ed evidenti lacune in matematica erano circa 140 mila ossia il 25% del totale, mentre gli scolari scarsi in tutti i campi esaminati dal test (matematica, scienze, lettura e problem solving collaborativo) ammontano a oltre 67 mila, ossia il 12%.
Nella sua indagine, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico illustra come tra gli studenti in condizioni socio-economiche svantaggiate si rilevano le più basse performance scolastiche, che si attestano al 38%, quota che diventa del 34% se prendiamo in considerazione gli alunni iscritti in un istituto professionale; mentre gli studenti scarsi che vivono in famiglie agiate sono il 12%, cifra che sale al 15% se prendiamo in esame gli studenti dei Licei. I fanalini di coda a scuola inoltre, sono i ragazzi che non riescono a essere continuativi e impegnati in maniera costate nello studio, quelli ad esempio che perdono giorni di lezione e studiano poche ore a settimana (5 ore contro 9 degli studenti più meritevoli).
Se i giovani italiani studiassero sul serio potrebbero fare del bene al Paese, come chiarisce l’Ocse, secondo cui, se tutti gli studenti di 15 anni raggiungessero nel 2030 (almeno) il livello di sufficienza nelle materie Pisa, il Pil interno nel 2095 potrebbe essere fino al 18% superiore rispetto ad oggi. Intanto gli studenti low performer continuano a pesare sul futuro nazionale. L’Italia è infatti fra gli ultimi Paesi Europei che sforna lavoratori esperti di informatica e ICT (parliamo di circa 558.500 persone, con una percentuale maschile di 86,3%). Secondo i dati Eurostat relativi al 2014, a fronte di una media Ue del 3,7 per cento, in Italia solo il 2,5 per cento dei lavoratori è occupato in tale settore, seguono Cipro (2,4%), Lettonia (2%), Bulgaria (1,9%), Lituania (1,9%), Grecia (1,3%). Ai primi posti invece troviamo Finlandia (6,7%), Svezia (6%), Lussemburgo (5,1%), Estonia (5%) e Paesi Bassi (5%).
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