Adam Graham, 31enne scozzese dai capelli rasati e il viso tatuato, ha violentato due donne, rispettivamente sette e quattro anni fa a Clydebank e Glasgow, per poi diventare di fatto Isla Bryson. Pochissimo tempo dopo il secondo stupro (parliamo di un anno dopo al massimo), infatti, ha intrapreso la transizione per cambiare genere. Essendo così diventato donna a sua volta e ha chiesto di poter essere reclusa in un carcere femminile. Qui si è aperto un dibattito lunghissimo e finalmente adesso sappiamo qual è stata la decisione del tribunale.
Quello di Isla Bryson è un caso davvero peculiare: dove rinchiudere una donna trans che ha violentato due donne? Sì, perché qualora dovesse condividere la cella con altre donne, queste sarebbero state in pericolo (una persona che ha stuprato due donne, potrebbe fare lo stesso con una terza), ma se fosse entrata in una prigione maschile, sarebbe stata lei stessa ad esserlo. Ecco alla fine cosa ha deciso il tribunale scozzese.
Già tempo fa ci eravamo occupati del caso di Isla Bryson, che era stata accusata di aver stuprato due donne, rispettivamente sette e quattro anni fa, a Clydebank e Glasgow (ne avevamo parlato qui). Isla ha 31 anni, adesso è una donna con il caschetto biondo, arrivata in udienza con il giubbotto rosa fluorescente e dei leggins neri, ma fino a qualche anno fa, si chiamava Adam Graham (anche le sue vittime lo conoscevano con questo nome) e la primissima volta che entrò in tribunale, cioè precisamente nel 2019, era un uomo con i capelli rasati e il viso tatuato. Allora aveva commesso questo duplice crimine, ma nella sua vita tutto chiaramente è cambiato nel frattempo e la sua condanna è così diventata decisamente più complessa da stabilire rispetto al solito.
Come aveva fatto notare già più di un mese fa giustamente Sandy Brindley, amministratore delegato di Rape Crisis Scotland: “Se qualcuno è stato condannato per un grave reato sessuale, non dovrebbe essere detenuto con la popolazione femminile in generale”. Di questa opinione era – ed è – gran parte del Regno Unito. Ma non era facile come sembrava stabilire come procedere e infatti questo è avvenuto più di un mese fa e la decisione definitiva è arrivata solo oggi.
Inizialmente per lei si era deciso per la custodia cautelare presso il carcere femminile di Cornton Vale, ma era stata isolata: ovviamente mantenerla lì troppo a lungo sarebbe significato violare i suoi diritti umani e quindi era chiaro che questa condizione non sarebbe potuta durare a lungo. E infatti così è stato, ma di questo parleremo più avanti.
Quello che dobbiamo aggiungere sicuramente è che durante quel periodo il popolo, i politici e gli attivisti si erano mobilitati per cercare di preservare la sicurezza delle altre donne detenute che, di fatto, si trovavano a condividere il carcere con un molestatore (fermo restando che, come abbiamo anticipato, Bryson era in isolamento, quindi non poteva vedere alcuna donna).
Quello che sapevamo a gennaio era che sarebbe dovuta essere una valutazione multidisciplinare a valutare il caso e stabilire se Isla avrebbe potuto scontare la pena con le donne, oppure con gli uomini, data la sua situazione così peculiare. Il problema era il seguente: se Bryson fosse stata rinchiusa in un carcere femminile, le altre detenute sarebbero state in pericolo, ma se fosse stata reclusa in uno maschile sarebbe stata la sua incolumità a rischio.
Un caso analogo era stato registrato pochi anni prima: nel 2018 Katie Dolatowski, ventidueenne scozzese che si identificava nel genere femminile, aveva tentato di stuprare due bambine, entrambe all’interno di bagni pubblici. Dopo un iter burocratico abbastanza lungo e complesso – e altri reati commessi di vario genere e natura – le autorità avevano pensato di trasferirla presso il succitato Cornton Vale, il carcere riservato alle sole donne cioè. La popolazione, esattamente com’è accaduto con Isla, si era ribellata, manifestando contro questa scelta, ma a poco era servito.
Tornando a Bryson, il suo caso appariva ancora più complesso, soprattutto considerando che la sua ex moglie, Shonna, parlando con il MailOnline, aveva definito illo tempore il suo cambio di genere semplicemente “una farsa”, architettata ad hoc per poter scansare il carcere maschile e tentare di avere vita più facile in quello femminile (ammesso e non concesso che poi sarebbe stato davvero così).
La donna aveva esplicitamente ammesso: “La sua transizione non è che un espediente per prendersi gioco del sistema giudiziario e per essere rinchiuso in una prigione femminile. (…) Mai una volta mi ha detto qualcosa a proposito della sensazione di sentirsi nel corpo sbagliato o altro. Ho molta simpatia per le vere persone transgender, è una cosa difficile con cui convivere, ma la sua è solo una scappatoia per fregare le autorità”.
Eppure questo cozza con le affermazioni del protagonista della vicenda che, prove alla mano, ha affermato durante la sua udienza di essersi identificato nel genere femminile fin dall’età di quattro anni, ma di aver preso la decisione di intraprendere la transizione solo a 29.
Adesso, come abbiamo anticipato, è passato più di un mese da quando tutto questo è accaduto e una decisione definitiva è stata presa: la condanna è arrivata.
Isla Bryson è stata condannata a otto anni di carcere alla fine di un processo durato sei giorni. Secondo il giudice, Lord Scott, la donna rappresenta un pericolo e il suo è uno di quei casi che presenta un alto rischio di recidiva.
I pubblici ministeri hanno parlato chiaro: la 31enne avrebbe conosciuto le sue prede, tutte donne molto fragili, online e lì le avrebbe accalappiate e condotte poi all’incontro, che sarebbe potuto essere fatale.
Attualmente Bryson continua a negare la sua colpevolezza: è considerata “in qualche modo vulnerabile” a causa di esperienze infantili negative, che il suo avvocato, Edward Targowski KC, ha prontamente evidenziato, ma sia chiaro, non è assolutamente lei la vittima (anche se lei crede di esserlo). Come ha affermato il giudice parlando direttamente con lei: “La tua vulnerabilità non è affatto una scusa per quello che hai fatto a queste due donne. (…) Hai violentato due donne che possono essere considerate a loro volta vulnerabili”.
C’è poi da aggiungere che ai tempi del primissimo stupro – cioè circa sette anni fa appunto – Bryson si stava separando dalla succitata ex moglie, con cui aveva avuto un matrimonio breve e mai pienamente soddisfacente (ma questa sicuramente non può essere una scusa, sia chiaro).
La prima vittima, 30enne, ha dichiarato, fornendo prove video, di essere stata violentata per mezz’ora. La donna ha detto: “Tutto quello che ho detto è stato no ancora e ancora e ancora. In quel momento ero così spaventata. Semplicemente non sapevo cosa stesse succedendo”.
La seconda, che ha testimoniato in diretta tramite videochiamata, ha rilasciato più o meno le stesse dichiarazioni: “Ho detto di smetterla ma lui ha continuato ad andare avanti, ed è allora che ho appena chiuso gli occhi e ho fatto quello che voleva”.
Lord Scott ha poi aggiunto che Bryson stava “depredando queste due donne a causa della loro vulnerabilità e le ha violentate nelle loro stesse case dove avevano il diritto di sentirsi al sicuro”. In effetti, come dargli torto. Sulla sua colpevolezza, insomma, ci sono pochi dubbi, anche se l’imputato ha affermato che entrambe le donne hanno acconsentito a fare sesso con lui e ci fermeremo qui, anche se a questo punto potremmo aprire un capitolo intero su quanto sia doveroso per l’uomo capisca quando fermarsi, sui no di una donna che devono essere accettati senza obiezioni e, soprattutto, sul fatto che accettare di uscire con un uomo non significa automaticamente avergli dato un via libera totale, voler fare tutto ciò che desidera né tantomeno aver aver acconsentito automaticamente ad andare a letto con lui.
Il tribunale comunque ci ha tenuto a precisare che Isla attualmente sta ancora proseguendo il cambio di genere, che quindi ad oggi non è ancora completo, e che sta assumendo “le dosi massime raccomandate di ormoni”. Ma sia chiaro: il suo avvocato ci tiene a far sapere che la transizione è arrivata dopo gli stupri per caso e che quindi non si tratta assolutamente “un ripensamento cinicamente progettato per ridurre la punizione” (come, ad esempio, aveva pensato la sua ex moglie e probabilmente anche qualcun altro).
Questa faccenda ovviamente – sembra quasi inutile dirlo – ha scatenato l’ira funesta di tutti gli oppositori delle riforme del riconoscimento di genere (di cui parleremo tra poco), che hanno preso la palla al balzo per affermare che i loro timori su una mancanza di salvaguardie per la popolazione sul disegno di legge non era poi così infondata.
A questo proposito dobbiamo fare una precisazione. Non molto tempo – parliamo di un paio di mesi fa circa, il Parlamento scozzese ha approvato il Gender Recognition Act, una legge che snellisce il procedimento di cambio di genere sui documenti di riconoscimento. Prima perché questo avvenisse era necessario aver compiuto 18 anni, possedere una certificazione medica che accertasse una disforia di genere e attendere due anni (l’iter durava tanto). Adesso, invece, l’età si è abbassata a 16 anni e basta solo un’autocertificazione per ottenere il cambio, che viene concessa dopo tre mesi nel caso dei maggiorenni e sei dei minorenni a cui si aggiungono però tre mesi ritenuti “di riflessione”.
Quanto alla sua detenzione, eravamo rimasti alla sua permanenza temporanea nel carcere femminile e alla rivolte popolari. Alla fine la faccenda si è conclusa così: Bryson è stata trasferita prontamente in una struttura maschile, grazie soprattutto all’intervento del primo ministro scozzese uscente, Nicola Sturgeon.
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