Succede in Paraguay. Una bambina di 10 anni lamenta un forte mal di stomaco e assieme alla madre si reca presso diverse strutture ospedaliere locali: le dicono che si tratta di parassiti intestinali o di un tumore. Il 21 aprile scorso la piccola si reca, sempre accompagnata, all’ospedale Infantil di Trinidad e qui le viene detto che è incinta di 21 settimane. La madre della bambina presenta una richiesta per l’interruzione di gravidanza, ma i giorni passano e tutto tace, nonostante sia a rischio la salute della bimba e addirittura la sua vita.
Venuti a conoscenza del fatto, i pubblici ministeri hanno finalmente preso in considerazione la denuncia effettuata da parte della madre nei confronti del patrigno della bambina, respinta e archiviata precisamente un anno fa. Il presunto colpevole è fuggito e la donna è finita in carcere ad Asuncion con le accuse di complicità per la fuga del marito e di non aver protetto la figlia dagli abusi. Il 29 aprile, secondo richiesta del ministro della Salute, la piccola è stata sistemata in una casa per giovani madri della Croce Rossa ma ad oggi non sembra sia ancora possibile ottenere il nullaosta per la richiesta di aborto.
La Dott.ssa Dolores Castellanos, che sta seguendo il caso della bambina, ha dichiarato: “Siamo abituati a trattare casi di madri minorenni, ma a questa ragazzina sta andando bene a livello di salute”. La dottoressa l’anno scorso si è occupata di una bimba di 9 anni che ha concluso una gravidanza senza complicazioni, anche se secondo il suo parere medico il caso della piccola paraguaiana sembrerebbe abbastanza delicato visto che pesa 34 kg per 1,39 metri di altezza dopo 21 settimane di gestazione.
Un appello ancora aperto: salviamo la bambina
Diverse associazioni locali e Amnesty International, con la campagna #NinaenPeligro, si sono mobilitate per offrire supporto alla piccola vittima di questa tremenda situazione, cercando di dare voce anche a chi, troppo spesso, rimane nell’ombra di un mondo che sembra lontano ma in realtà non lo è.
Anche il Centro di Documentazione e Studi (CDE) si è dato da fare, chiedendo al governo paraguaiano la depenalizzazione dell’aborto in caso di gravidanza da stupro o incesto e denunciando la mancanza di attenzione e metodo da parte delle autorità nel gestire questo caso specifico.
Cosa dice la legge
In Paraguay la legge non consente l’interruzione di gravidanza se non in caso di pericolo di vita per madre e bambino. Questa restrizione, riporta Amnesty International, è contraria al diritto internazionale dei diritti umani. Il caso della bimba paraguaiana purtroppo non è isolato, è solo la punta dell’iceberg: il governo stima che l’anno scorso siano nati nel Paese 680 bambini da madri con meno di 15 anni di età.
“Il Paraguay deve prendersi le sue responsabilità di fronte alla legge internazionale. Il mondo lo guarda e gli chiede di proteggere questa bambina e di farle avere accesso a trattamenti che potrebbero salvarle la vita. Spezza il cuore sentire quello che ha sofferto la piccola. Non possiamo prolungare quest’orrore” – ha dichiarato Guadalupe Marengo, vicedirettrice per le Americhe di Amnesty International.
Il Fondo dei Popoli delle Nazioni Unite in Paraguay riporta che il 2,13% delle morti materne si riferiscano a bambine fra 10 e 14 anni. Da questi dati si può desumere la gravità della situazione, la speranza come sempre è quella che la notizia faccia il giro del mondo e che il governo paraguaiano venga incontro una volta per tutte alle vittime di stupro, prendendo questo terribile caso come pretesto per il cambiamento.
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