Non accennano a placarsi gli scontri tra esercito e paramilitari a Khartoum in Sudan. A scontrarsi le truppe di Hemedti e Burhan che avrebbero dovuto garantire un accordo riportando così la pace nel Paese. Anche in altre regioni sono ni corso scontri, e in Darfur tre operatori Onu sono rimasti uccisi. Anche il Papa, oltre a Usa e Nazioni Unite, fa un appello affinché vengano messe da parte le ostilità.
Continuano gli scontri in Sudan, tra l’esercito regolare e quelle Rsf, ovvero le Forze di supporto rapido, nella capitale del Paese, Khartoum. Le due fazioni si erano già fronteggiate nel 2021, durante il colpo di stato. Stando a fonti locali, ci sarebbero già 56 vittime. Nonostante le organizzazioni internazionali richiedano con forza di chiudere le ostilità, nell’aria ci soon dense nubi di fumo e si sentono i colpi dell’artiglieria pesante. Intanto, in Darfur, tre operatori Onu del Pam-Wfp hanno perso la vita.
“Seguo con preoccupazione gli avvenimenti che si stanno verificando in Sudan. Sono vicino al popolo sudanese, già tanto provato, e invito a pregare affinché si depongano le armi e prevalga il dialogo per riprendere insieme il cammino della pace e della concordia” ha detto Papa Francesco commentando la guerriglia in Sudan.
Intanto sia l’esercito che le forze paramilitari del Paese, dichiarano di aver ottenuto la meglio sulla controparte, e si lanciano accuse come quella del tenente generale Muhammad Hamdan Dagalo, che a Sky News Arabia ha affermato come Abdel-Fattah Al-Burhan, capo dell’esercito sudanese “Si nasconda sotto terra e spinga i figli dei sudanesi a combattere mentre un certo numero di ufficiali si sono uniti alle forze di supporto rapido”.
Non solo ma le forze di Dagalo sostengono di avere in mano il 90%delle aree militari, mentre quelle di Al-Burhan dichiarano di aver preso il possesso della base più grande dei paramilitari a Karari. Una situazione di tensione che si trascinava da settimane, e che ora a raggiunto il suo culmine.
Nel 2021, sia le truppe di Dagalo che di Al-Burhan si sono unite per cacciare dalla guida del Paese africano i civili, ma in seguito sono iniziate a sorgere le tensioni tra i due leader militari.
Proprio nei giorni scorsi si sarebbe dovuto raggiungere un accordo per riportare gradualmente i civili al governo, ma la firma è stata continuamente rimandata proprio per le divergenze tra i due leader, con Dagalo che può contare su ben 100.000 persone, i cosiddetti “diavoli a cavallo“, e che nel corso dei due passati anni ha più volte mostrato di schierarsi a favore dei civili e quindi contro all’alleato.
A scatenare il disaccordo, la situazione futura dei paramilitari, che avrebbero dovuto entrare a far parte a tutti gli effetti dell’esercito, che detiene il potere non solo di tipo politico ma anche militare. Quest’ultimo, tuttavia, non è intenzionato a integrarlo a tutti gli effetti ne a volergli dare un ruolo centrale come invece richiesto.
A rendere ancora più esplosiva la situazione, il fatto che i Comitati di Resistenza non abbiano alcuna intenzione di aprire un dialogo con i militari responsabili del colpo di Stato del 2021.
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