Quante volte vi capita di condividere sui social network come Facebook o su Twitter un articolo e ricevere un mi piace nel giro di poche decine di secondi? Questa velocità è indicativa: non c’è il tempo umano per poter leggere tutto il contenuto e, dunque, ci si limita a apporre un like o addirittura a condividere il collegamento senza nemmeno aprirlo, ma soltanto basandosi sul titolo, sulla foto e sul piccolo riassunto. Da qui si creano piccoli disastri dato che si instaurano catene di post il cui interno è completamente differente dall’esterno, dalla facciata. O, peggio ancora, per chi ha la pazienza di aprire il link e di scoprirne la reale “anima”, si può dare un’idea di sé diversissima da ciò che si pensava originariamente.
Questa verità traspare da uno studio della Columbia University insieme all’Institut de France e afferma che su Twitter ben il 50% delle notizie sono condivise senza essere aperte. Come è possibile accorgersi di ciò? Vengono incrociati i dati con quelli forniti dall’accorciatore di link bit.ly, che consente di capire il rapporto tra condivisioni/aperture effettive. Un altro dato è altrettanto significativo: i post più virali non sono quelli scelti ad hoc dai canali sorgente che li rendono appetibili ad hoc, ma spesso e volentieri partono da un semplice sharing anonimo di un utente. Inoltre, la vita di questi articoli arriva anche a oltre 2 settimane dalla pubblicazione.
Arnaud Legout, che lavora presso l’Institut de France, ha commentato affermando che: “Le persone sono molto più veloci a condividere un articolo che a leggerlo, ma non ci si deve stupire dato che è caratteristica tipica del consumo di informazioni moderno nel quale non c’è tempo di approfondire visto che ci si fa un’opinione basandosi su un titolo, su un sommario, o sul riassunto di un sommario. C’è una grande differenza tra leggere un contenuto e condividerlo, like e sharing sono certo significativi su un contenuto, ma bisogna rivedere i misuratori per valutare la popolarità sui SN“.
In realtà, la questione è presto detta: in questo momento la soglia di attenzione degli utenti del web rispetto a qualcosa che si trova online è bassissima, non si reputa tempo ben speso quello per leggere più di qualche riga, non si clicca su link a meno che non siano particolarmente accattivanti, una gif è meglio rispetto a un video. Insomma, è un problema che riguarda l’intera società e che per essere risolto deve essere eradicato, ma non sarà facile. I primi a combatterlo devono essere le sorgenti, puntando un po’ meno sulla viralizzazione a tutti i costi e più verso un contenuto pulito, lineare e facilmente fruibile. Da chi ha tempo da spenderci.
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