Marco Cappato rischia 12 anni dopo aver nuovamente infranto le regole. Autodenuncia per aver accompagnato nella clinica svizzera l’82enne malato di Parkinson.
In caserma a Milano Marco Cappato, dell’associazione Luca Coscioni, ha deciso di denunciarsi nello stesso luogo dove si era già recato ad agosto per il caso della signora Elena malata di Cancro e per Fabiano Antoniani. Il tesoriere dell’associazione chiede aiuto: “Violenza da parte dello Stato“.
Non si placano le polemiche intorno al caso del signor Romano, malato di Parkinson morto in Svizzera nella giornata di ieri tramite il suicidio assistito. L’uomo che sarebbe caduto definitivamente a breve nel quarto criterio e obbligato a dipendere dal trattamento di sostegno vitale, allo stesso tempo avrebbe perso capacità di intendere e di volere, criteri fondamentali per ottenere l’aiuto alla morte.
Dunque la decisione dell’82enne è stata quella di recarsi in una clinica Svizzere insieme alla moglie e a Marco Cappato, per procedere con l’eutanasia.
Proprio per aver accompagnato in Svizzera il signor Romano, Marco Cappato tesoriere dell’associazione Luca Coscioni, stamattina si è recato in caserma a Milano per autodenunciarsi.
Cappato – non nuovo alle autodenunce – ha sfruttato l’occasione per lanciare un messaggio molto duro allo Stato italiano, dicendosi sconvolto per la “condizione di violenza esercitata” e trovando “indegno” che in uno stato civile i cittadini siano costretti alla clandestinità per esercitare il suicidio assistito.
Il signor Romano è morto nella giornata di ieri, 25 novembre, in Svizzera accompagnato dalla moglie e da Cappato. L’uomo di 82 anni era di origini toscane, ma risiedeva in Lombardia a Peschiera Borromeo.
Dal 2020 era malato di una grave forma di Parkinson, ma al momento non era tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale. Per lui dunque non era prevista la possibilità di accedere al suicidio assistito, ma è stata sua la scelta di porre fine alle sue sofferenze (arti paralizzati e disfagia), nel pieno controllo delle facoltà mentali.
Lo racconta la moglie, intervenuta dalla Svizzera lo scorso 24 aprile in un videomessaggio con il quale ha voluto denunciare come nel nostro Paese non esista ancora un quadro legislativo chiaro sulla scelta del fine vita “diritto fondamentale dell’uomo”.
Cappato, che sottolinea ancora il silenzio della politica e che definisce indegno uno Stato che costringa alla clandestinità, ha aggiunto che il prossimo dicembre aiuterà un’altra persona, per andare a morire in Svizzera.
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