La difesa di Massimo Bossetti, ritenuto responsabile della morte di Yara Gambirasio, ha vinto il ricorso in Cassazione.
Questo significa che i legali dell’uomo potranno accedere ai reperti per nuove indagini che porteranno alla formulazione di una nuova linea difensiva. Si tratta di un piccolo successo per Bossetti, colui che ha diviso l’Italia da quel giorno in cui è stato indicato come il potenziale assassino della giovane. Si è sempre dichiarato innocente e molti gli credono, un’ampia fetta di italiani però non ha dubbi che sia stato lui. Ancora non sappiamo quale sia la verità e forse l’accesso ai reperti consentirà una svolta per chiarire la sua posizione in maniera definitiva.
Tutti ormai conosciamo il caso di Yara Gambirasio, la 13enne scomparsa a Brembate di Sopra, in provincia di Bergamo, il 26 novembre del 2010 e ritrovata senza vita il 26 febbraio dell’anno successivo. Il caso ha avuto una grande rilevanza mediatica perché la vittima era molto giovane ma anche per le modalità dell’atroce delitto, in cui la ragazza è stata colpita violentemente con una spranga e con armi da taglio, prima di essere gettata in una campagna come un sacco della spazzatura.
Dopo la falsa pista di un operaio marocchino ritenuto responsabile e poi prosciolto, venne individuato Massimo Bossetti come possibile killer a causa degli esiti positivi dell’esame del Dna, compatibile con quello ritrovato sugli indumenti della vittima.
Così il muratore di Mapello venne processato e ora è condannato per l’omicidio della minorenne ma i suoi avvocati hanno presentato ricorso in Cassazione, dopo che la Corte d’Assise di Bergamo nel novembre del 2022 aveva negato l’accesso ai reperti. In questo modo potranno analizzarli e mettere a punto una nuova linea difensiva.
Questi beni sono stati confiscati ai fini dello svolgimento delle indagini ma non potevano essere reperiti in vista dell’eventuale revisione del processo.
Gli avvocati dunque potranno lavorare su una nuova specifica richiesta per il loro assistito, rispettando nelle attività di analisi alcuni limiti e stabilendo le opportune cautele per garantire l’integrità dei reperti.
Dopo questo passaggio molto importante per capire la reale posizione di Bossetti, la Corte d’Assise dovrà valutare in base alle ipotesi avanzate dai legali, se disporre nuovi accertamenti tecnici.
Intanto uno dei difensori, Claudio Salvagni, ha parlato con i giornalisti dicendosi contento:
“ora iniziamo il percorso per dimostrare che il dna sugli indumenti di yara non è di massimo bossetti”.
Colpevole o innocente? Questo tutti continuiamo a chiederci. Sono stati anni molti difficili per la famiglia della giovane di Brembate di Sopra ma nonostante al muratore che all’epoca dei fatti aveva 44 anni, sia stato dato l’ergastolo, ora probabilmente il caso verrà riesaminato con nuove piste e quindi la giustizia tarderà ancora per loro che ancora non riescono a spiegarsi come mai qualcuno abbia voluto uccidere la loro piccola.
Erano le 17,30 del 26 novembre del 2010 quando Yara Gambirasio si stava recando al centro sportivo del paese, dove spesso si allenava in ginnastica ritmica. Secondo alcuni testimoni è rimasta lì circa un’ora per poi andare via. Da quel momento se ne perdono le tracce.
Le videocamere di sorveglianza del centro sportivo sono fuori uso e purtroppo non sono d’aiuto per ricostruire gli ultimi movimenti di Yara, il cui cellulare aggancia poco prima delle 19 la cella di Ponte San Pietro in via Adamello, poi Mapello e in seguito Brembate di Sopra, infine il segnale scompare.
Proprio a Mapello viene ispezionato un cantiere edile, dove i cani molecolari hanno fiutato le ultime tracce della 13enne. Questa pista porta a un operaio marocchino che però riesce a dimostrare di essere totalmente estraneo ai fatti.
Passano alcuni mesi e per il ritrovamento bisogna aspettare la fine di febbraio, quando un aeromodellista trova casualmente il corpo in un campo aperto a Chignolo d’Isola. Il corpo di Yara era stato massacrato da colpi di spranga, c’erano inoltre numerose ferite da arma da taglio di cui una molto profonda sul collo e un trauma cranico.
Secondo alcuni accertamenti, emergerà che la ragazza è morta in un momento successivo alla violenta aggressione, a causa del freddo e dell’indebolimento. Durante i funerali arrivò addirittura un messaggio di vicinanza da parte del presidente della Repubblica ma il momento che tutti aspettavano di più è arrivato il 16 giugno del 2014, quando venne arrestato Massimo Bossetti, muratore incensurato 44enne di Mapello. Nonostante abbia sempre negato il suo coinvolgimento, le tracce di Dna ritrovate sugli indumenti della ginnasta erano compatibili con il suo.
L’anno dopo c’è il rinvio a giudizio e Bossetti è ancora l’unico imputato. Nel 2016 viene condannato all’ergastolo con l’aggravante della crudeltà e per questo motivo viene revocata la sua responsabilità genitoriale sui tre figli.
Tutte le polemiche in quegli anni e in quelli successivi hanno riguardato il percorso molto particolare con cui gli inquirenti sono arrivati a Bossetti, quindi analizzando il Dna per arrivare prima al padre del muratore, poi alla madre e infine a lui. Tuttavia si parla di prove contaminate e di tracce depositate sul corpo dopo la morte, insomma un dibattito infinito su cui ancora si deve fare molta chiarezza.
Siamo in attesa ora di scoprire la nuova linea difensiva degli avvocati perché troppi sono ancora i punti di domanda e la famiglia di Yara aspetta giustizia.
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