1980 nuovi casi nelle ultime ventiquattr’ore: questa la situazione attualmente in Svezia, paese che conta in tutto 10 milioni di abitanti.
Si tratta di un record per la nazione scandinava, che batte quello dell’altro ieri di 1870 positivi al Coronavirus, che a sua volta superava quello di 1698 registrato a giugno. I contagi non accennano a frenare e le vittime totali al momento sono 5918. Secondo l’agenzia sanitaria del paese, il picco di contagi ci sarebbe stato a primavera, ma in assenza di test su larga scala all’epoca non è stato possibile registrarlo.
L’unico paese che a non aver mai adottato il lockdown, ora si trova a fare i conti con una seconda ondata molto aggressiva, che sta mettendo in ginocchio tutta l’Europa. Mentre Francia e Germania annunciano l’ennesima chiusura generale, la Svezia sta ritrattando le posizioni precedentemente tenute in merito alla pandemia.
L’immunità di gregge in Svezia: un tentativo fallito
L’immunità di gregge è quando tra il 70 e il 90% della popolazione risulta immune a una determinata malattia, vuoi per averla già contratta ed esserne guariti o per la vaccinazione. In questo modo, la diffusione di un morbo è assai ridotta, perciò chi ne viene colpito può essere curato tempestivamente. Nel caso del Covid, sarebbe necessario che il 66% della popolazione fosse immune, un numero elevatissimo dal quale siamo molto lontani.
Questo era l’obiettivo della Svezia: combattere il Coronavirus senza mettere in atto chiusure, restrizioni o lockdown, ma anzi, incentivando la popolazione a non preoccuparsi e proseguire con la propria quotidianità. L’esperimento però è fallito e gli scienziati svedesi già a settembre imploravano il governo di fare marcia indietro e invitando le altre nazioni a non prenderli a esempio.
Intanto la seconda ondata, che sembrava non essere poi così grave, si sta rivelando problematica da gestire. Soprattutto perché l’immunità di gregge è fallita: la Svezia puntava a un 40% della popolazione immune già a maggio, con conseguente crescita del dato, mentre in realtà si è fermata al 15%. Rispetto ai paesi confinanti, su un milione di abitanti ha rispettivamente il triplo dei casi della Danimarca, il quadruplo della Norvegia (che raccomanda di evitare i viaggi in terra svedese) e il quintuplo della Finlandia.
Le nuove norme
Adesso però la Svezia si trova costretta a prendere provvedimenti. Nella contea di Uppsala, fortemente colpita, si invita fino al 3 novembre a non prendere i mezzi, a mantenere le distanze e a non frequentare luoghi affollati. Norme più rigide per negozi e centri sportivi, e laddove possibile è suggerito lo smartworking.
Nel resto del paese si prova a resistere: niente restrizioni, nessun obbligo di mascherina, attività regolarmente aperte. Sia il consulente del governo svedese, l’epidemiologo Anders Tegnell, che la ministra della salute Lena Hallengren hanno sottolineato come non ci sarà un lockdown né altre restrizioni: ogni paese agisce in autonomia pensando al bene della popolazione, anche se non si conosce ancora quale sia la strategia migliore. Hanno dunque consigliato di rispettare le norme generali che conosciamo bene, puntando sul senso di responsabilità dei singoli ma senza imporre normative.
Se questo approccio sarà stato efficace lo si scoprirà nelle prossime settimane.