Tagliare i vitalizi del 50% ai politici per legge. L’ipotesi inizia a circolare negli ambienti del governo e soprattutto dell’Inps: a raccoglierla c’è Sergio Rizzo del Corriere che mette in fila le ipotesi al momento al vaglio dell’esecutivo. Inserire i vitalizi dei politici di lungo corso, quelli che non sono rientrati nella pensione contributiva, in un taglio generale delle pensioni d’oro. Tito Boeri, presidente Inps, ci sta pensando da tempo. È arrivato il momento di ridurre il divario tra chi ha una pensione contributiva, cioè calcolata solo sui contributi realmente versati, e chi la percepisce ancora con il sistema retributivo. In ordine alla politica nazionale si tratterebbe di circa duemila persone, con assegni mensili da circa 5mila euro netti: secondo le stime, si parla di un taglio del 50% che equivale a 100 milioni in totale, un quarto in meno rispetto a quanto lo Stato versa oggi ai politici in pensione. Sempre che non sia l’ennesima bufala.
L’idea di Boeri, che il governo sta valutando e che potrebbe anche essere inserita nella nuova legge di Stabilità, punta a ridurre le pensioni d’oro di vecchio stampo, cioè con il sistema retributivo. Visto che non si può andare retroattivamente con il nuovo metodo, per un ordine di giustizia sociale e per equilibrare i conti, il presidente dell’Inps sta vagliando un taglio di quasi la metà delle vecchie pensioni retributive.
Si aprirebbe così una strada nuova per il taglio dei vitalizi. Ancora oggi vige un sistema chiuso per cui sono i Parlamenti (nazionale e regionali) a decidere sulle loro retribuzioni, diarie e pensioni. Se però per legge passasse la riduzione delle pensioni retributive, allora si avrebbe un’arma in più per scardinare il mondo della cosiddetta “casta”.
In questo modo, anche gli ex onorevoli e consiglieri che oggi prendono 5mila euro netti a mese (tra questi, ricorda Rizzo, ci sono Massimo D’Alema, Gianfranco Fini, Luciano Violante, Carlo Vizzini, Walter Veltroni, Achille Occhetto, Beppe Pisanu e da ultimo anche Nichi Vendola, baby pensionato a 57 anni), si vedrebbero ridurre della metà il loro assegno, andando più o meno a pari con i colleghi che lo riceveranno con il contributivo.
Certo non mancheranno le resistenze, come hanno dimostrato gli ex consiglieri del Lazio che, a fronte di una diminuzione del 17% del vitalizio, hanno fatto ricordo al Tar, perdendo. Se però si riuscisse a trovare la leva per scardinare un sistema malato, ne guadagnerebbero i conti pubblici, cioè tutti noi.