No, no e ancora no. La vicenda del Tap gasdotto in Puglia fa venire alla mente altre battaglie delle popolazioni locali contro le decisioni governative, dalla ferrovia Tav ad alta velocità in Piemonte alle piattaforme petrolifere al largo delle fasce costiere, solo per citare alcune di quelle a maggiore rilevanza mediatica. Proteste spesso ragionevoli e dettate dal buon senso, ancorché condotte con metodi non sempre condivisi e condivisibili: ma le manifestazioni contro il Tap gasdotto di questi ultimi giorni sono altrettanto ragionevoli? Le obiezioni ambientaliste sono strumentali, come affermano non solo il governo ma anche autorevoli studiosi ed opinionisti? Proviamo a capire insieme che cos’è il gasdotto Tap e su cosa si basano le proteste della popolazione locale.
Tap: significato dell’acronimo
Quello che viene definito gasdotto Tap è un acronimo che indica Trans-Adriatic Pipeline, ovverosia il percorso che deve compiere questa opera che prevede l’approdo dell’afflusso di gas naturale proveniente dall’area del Mar Caspio, per la precisione dall’Azerbaigian, che dalla frontiera greco-turca attraverserà Grecia e Albania per giungere infine in Italia, portando 10 miliardi di metri cubi l’anno di tale risorsa energetica.
Il Tap Puglia è un’opera considerata strategica per dare al nostro Paese un ulteriore sbocco energetico in un momento storico dove i tradizionali fornitori vivono periodi di forte instabilità politica, consentendo quindi al nostro Paese di approvvigionarsi ad una nuova fonte che possa allargare la platea di fruitori, ben conoscendo la nostra dipendenza energetica.
Qual è l’impatto ambientale del gasdotto Tap in Puglia?
In Puglia, e precisamente in Salento, i No Tap stanno protestando come fecero in passato i No Tav in Val di Susa. Da dove nascono le proteste ambientaliste No Tap? Non certo dall’inquinamento del territorio, al contrario di altri celebri no come quelli al nucleare o alle perforazioni petrolifere al largo delle nostre coste, poiché il gas naturale è il meno inquinante tra tutti i combustibili fossili. L’impatto ambientale del gasdotto Tap si traduce in un tubo del diametro di 90 centimetri, collocato a 10 metri di profondità, che sboccherà nell’entroterra della Puglia, in contrada Fanfula a Melendugno, a 8 chilometri dalla costa. Il progetto ha superato tutti gli accertamenti previsti dal Decreto di Compatibilità Ambientale, dove non è emerso alcun tipo di irregolarità e la valutazione ha avuto esito positivo.
Tap gasdotto in Puglia: che fine fanno gli ulivi?
Il problema del gasdotto Tap è un altro: la questione si sposta sugli alberi d’ulivo, che verranno espiantati e reimpiantati un’area poco distante da Melendugno, per fare spazio al cantiere del gasdotto: da qui nascono le proteste contro il gasdotto Tap da parte dei residenti, che ritengono anche che il Tap sarà ben poco utilizzato dal nostro Paese, devastando il paesaggio secolare di questo pezzo d’Italia per fare posto ad un’opera inutile approvata mediante decisioni prese senza consultare i residenti.
Ma è davvero così? Il Tap Puglia è solo uno spreco di denaro ai danni dell’ambiente per arricchire i soliti intrallazzatori? È dal 2013 che invero l’opera è stata ‘cantierata’, nel senso che ha dato il via a tutto il lungo iter burocratico che conduce infine alla realizzazione, e benché siano state aperte indagini dalla procura di Lecce, non sono emerse opacità né dal punto di vista economico-finanziario né da quello ambientale. La proposta di far approdare il gasdotto Tap a Brindisi, come dichiarato tra gli altri dal governatore della Puglia Emiliano, appare irrealizzabile poiché la Direttiva Seveso III, che impone agli Stati membri dell’Unione Europea di identificare i propri siti a rischio, descrive la città come ‘un’area a rischio di incidente rilevante‘.
Il Tap e gli ulivi
Resta la domanda iniziale: che fine fanno gli ulivi? Va detto che la tesi complottista avanzata da alcuni secondo cui l’espianto degli alberi per la xylella avvenuta nei mesi scorsi sarebbe stato in realtà un caso montato ad arte proprio per far posto al gasdotto appare a dir poco pittoresca, a maggior ragione visto che le cifre ci dicono che gli ulivi di Melendugno sono stati toccati in maniera assai marginale dall’infezione e dalla successiva eradicazione degli alberi. I 211 ulivi di Melendugno verranno ripiantati, e certo bisognerà vigilare che ciò avvenga in tempi certi e in modi corretti: ci limitiamo a registrare che la stessa sorte non è toccata alle decine e decine di alberi che in questi anni sono stati abbattuti per fare spazio a discariche, pale eoliche e pannelli fotovoltaici sul territorio pugliese, dietro previo assenso delle autorità locali, e, chissà come mai, nel silenzio generale dei medesimi cittadini e degli stessi complottisti di professione che oggi agitano lo spettro del gasdotto Tap. In attesa domani di un nuovo spauracchio da agitare per sobillare l’ennesimo ‘No’ di rivolta popolare.
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