La tassa sulle auto aziendali in fringe benefit, ossia il beneficio accessorio riportato nella busta paga, prevista inizialmente dalla Legge di Bilancio, potrebbe essere modificata o addirittura rinviata. A far fare marcia indietro al Governo sono state le polemiche suscitate dal provvedimento che hanno portato a una fase di stallo all’interno della maggioranza, pronta ora a rimandare tutto.
Cos’è la tassa auto aziendali?
Nella manovra di Bilancio 2020 era inizialmente previsto un aumento della tassa per chi usufruisce del benefit delle auto aziendali. Una stangata che sarebbe ricaduta in primo luogo sui lavoratori dipendenti e che, a seconda del modello di auto utilizzato, sarebbe potuta essere più o meno gravosa. Da questo provvedimento gli unici a salvarsi sarebbero stati solo coloro che rientrano nella categoria agenti di commercio costringendo tutti gli altri a pagare, in alcuni casi, il triplo rispetto a quanto sborsato attualmente. Nel testo in bozza della Finanziaria, infatti, era stato inserito un paragrafo che triplicava l’imposizione fiscale sulle auto aziendali per uso promiscuo, ossia quelle utilizzate dai dipendenti per lavoro e tempo libero.
Il testo che ha scatenato le polemiche
Attualmente la tassazione è al 30% e il Governo proponeva di portarla al 100%, con un notevole impatto in busta paga in termini di ripresa sulla tassazione. Per capire la portata del cambiamento basta un semplice esempio: una Fiat Panda aziendale, nella versione benzina, comporterebbe un imponibile di 5.782 euro all’anno, contro i 1.734 attuali. La tassa sulle auto aziendali, come era facilmente immaginabile, ha portato una cascata di polemiche con le associazioni di categoria che hanno sottolineato come una tassazione del genere avrebbe causato un tracollo nel mercato delle auto aziendali e dall’altra parte i lavoratori. Critiche che hanno portato il Governo a fare marcia indietro con una quasi certa modifica della tassa sulle auto aziendali o addirittura un rinvio.
Cosa potrebbe cambiare
Il testo della Legge di Bilancio che andrà in Parlamento sarà ancora quello vecchio, contenente quindi l’aumento al 100%, ma il Governo – come assicurato dal Ministro dell’Economia Roberto Gualtieri – ha già fatto sapere che “tempi e modalità di applicazione posso essere rivisti per evitare un impatto negativo sull’imposta pagata dai lavoratori dipendenti e sulle imprese”. Una rassicurazione importante che apre a diversi scenari: la nuova tassa sulle auto aziendali dovrebbe quindi salvare le auto elettriche – che rimarrebbero così con una tassazione al 30% – utilizzando come parametro per la tassazione degli altri veicoli la stessa modalità prevista per l’ecotassa con le auto che emettono una quantità di CO2 fino a 160 g/km che salirebbe al 60% e quelle superiori ai 160 g/km con il 100%.
I modelli interessati dalla tassa
L’aumento più importante, quindi, dovrebbe interessare quei modelli che hanno un livello di emissioni di CO2 che supera la soglia dei 160 g/km come SUV e vetture di grande cilindrata ma non solo. Tra questi modelli, infatti, ci sono anche auto di media cilindrata o utilitarie come l’Alfa Romeo Giulietta e le Fiat 500L, Tipo e Qubo, solo per citarne alcune tra le più famose. In termini pratici un lavoratore dipendente che abbia un reddito annuo da 40.000 euro che si trovi a noleggiare una Punto 1.4 andrebbe a pagare circa 2.000 euro di tasse in più l’anno.