Si torna a parlare di tassa di successione, un incubo più volte annunciato ma poi sempre smentito con fermezza. Prove certe che il governo Renzi voglia introdurre una patrimoniale sulla successione non ce ne sono, però sui giornali vengono riportate indiscrezioni in tal senso, provenienti dal dietro le quinte dell’esecutivo. Il problema per Renzi e soci è uno: la Commissione Europea ha criticato aspramente lo scostamento di ben 9,3 miliardi di euro sui conti pubblici, rispetto a quanto promesso dall’Italia. Potrebbe esserci la necessità di una manovra correttiva, e quale modo migliore per fare cassa di una tassa di successione sulle eredità?
L’Unione Europea non è mai tenera quando si tratta di commentare le iniziative economiche dei Paesi membri, a maggior ragione quando si tratta dell’Italia, che è da poco uscita dalla procedura di infrazione per deficit eccessivo ed aveva promesso un risanamento dei conti. Tutto è andato secondo il piano previsto per il 2014, fino a quando Renzi ha annunciato l’ormai celeberrimo taglio al cuneo fiscale, lo sconto Irpef che ha portato 80 euro in busta paga a milioni di italiani. Una mossa che qualcuno ha definito demagogica, ma che è comunque costata alle casse dello Stato quasi 7 miliardi di euro per il solo 2014. Il problema delle coperture era ben noto e si è tradotto in uno scostamento di 9,3 miliardi rispetto a quanto promesso a Bruxelles a inizio anno.
Ora l’UE chiede conto di questo ammanco e, per il governo, l’unica strada percorribile è trovare un modo per far rientrare quesi soldi spesi. Da qui la necessità di una manovra correttiva. La tassa di successione sulle eredità sarebbe, in effetti, una delle alternative più concrete sul tavolo. Con una aliquota aggiornata ai tempi, lo Stato potrebbe addirittura guadagnare qualcosa come 40 miliardi di euro ogni anno, soldi da utilizzare per coprire eventuali altre spese (come allargare la platea degli aventi diritto al bonus Irpef o finanziare gli sgravi Irap). Da dove esce questa cifra? Da un ragionamento molto semplice: in Italia esiste un patrimonio potenziale di circa 20 miliardi di euro, da suddividere tra case ed investimenti (circa 9.500 miliardi); immobili, terreni e gioielli (5.800 miliardi); liquidità varie, dai conti correnti ai depositi bancari passando per azioni, bond e fondi (circa 3.700 miliardi).
Gran parte di queste ricchezze sono nelle mani di persone che hanno dai 50 e gli 85 anni, quindi soggette a potenziali tasse sull’eredità nei prossimi anni. Applicando un’aliquota del 20% sulla successione, magari applicando una franchigia fino a 100mila euro, lo Stato potrebbe incassare 1.200 miliardi in 30 anni, ovvero 40 miliardi l’anno. Anche l’aliquota fosse del 10%, il totale annuo sarebbe comunque di 20 miliardi. Una cifra troppo ghiotta perché il governo Renzi non possa effettivamente farci un pensierino.