L’hanno chiamata tassa sulla spesa. Come scrive ‘Italia Oggi’, nel decreto 91/2017 ci sono disposizioni urgenti per la crescita economica del Mezzogiorno, tra cui far pagare – da gennaio 2018 – i sacchetti per la spesa, quelli biodegradabili e compostabili usati per la frutta. Pure quelli leggeri e super leggeri, utilizzati per trasportare merci e prodotti, che dovranno essere obbligatoriamente composti da un minimo di materia prima rinnovabile pari al 40%. Non c’è possibilità di marcia indietro visto che il decreto è stato approvato il primo agosto scorso dalla Camera dei Deputati.
Insomma, i sacchetti per la frutta saranno equiparati agli shopper che già oggi sono a pagamento. Sì, proprio i sacchetti che usiamo per pesare frutta e verdura dopo aver scelto la merce, quelli dove apponiamo i prezzi del contenuto, saranno anch’essi a pagamento. E pensare che molti ancora non si sono ripresi dalle buste in polietilene a pagamento. Molte famiglie, pur di non vedersele addebitare sullo scontrino, se le portano abitualmente da casa.
Attenzione, poi, a un altro particolare non secondario. Siccome non è possibile mettere insieme carote e cicoria, banane o mele e così via per tutti gli ortaggi, ognuna di queste merci avrà bisogno di un suo sacchetto trasparente. Quanto dovremo spendere in più oltre a ciò che c’è nel carrello? Pare che il costo sarà di dieci centesimi ciascuna. I conti fateli voi. I soldi saranno incassati in prima battuta dai supermercati, successivamente finiranno allo Stato sotto forma di Iva o imposta sul reddito.
Le prime critiche sono arrivate da Federdistribuzione, che teme che la gente inizi a portarsi da casa pure i sacchetti ultraleggeri. Il che potrebbe portare, con il riutilizzo, allo spargimento di germi a batteri. Una questione igienica, insomma, che alla fine allo Stato – come spesa sanitaria – potrebbe venire a costare di più di ciò che incasserà dalla tassa sulla spesa. I negozianti saranno sicuramente severi: la mancata applicazione di quanto disposto dalla legge prevede multe salatissime: dai 2.500 ai 10 mila euro se la violazione dovesse riguardare un considerevole numero di clienti.