Per Telemedicina, secondo il Ministero della Salute, si intende una modalità di erogazione di servizi di assistenza sanitaria, tramite il ricorso a tecnologie innovative, in particolare alle Information and Communication Technologies (ICT), in situazioni in cui il professionista della salute e il paziente (o due professionisti) non si trovano nella stessa località. Il Ministero continua precisando che la telemedicina comporta la trasmissione telematica sicura di dati e informazioni riguardanti la prevenzione, la cura, la diagnosi e il controllo dei pazienti, assimilandola così a qualsiasi altro servizio sanitario diagnostico e terapeutico, senza tuttavia poterla sostituire alla prestazione sanitaria tradizionale, ma al massimo integrandola.
In sostanza, la telemedicina comprende tutto ciò che la tecnologia può offrire a medici, operatori sanitari, strutture sanitarie e pazienti per diagnosticare, assistere, monitorare e curare malattie croniche e anche acute, senza la compresenza fisica degli attori coinvolti (appunto medici, operatori e pazienti). Quindi gli strumenti specifici della telemedicina sono ovviamente internet, con varie app e piattaforme dedicate, e dispositivi tecnologici eventualmente collegabili in rete, quali pressurimetri, saturimetri, misuratori di frequenza cardiaca, glucometri, etc (oppure più semplicemente smartband). Ma anche le videochiamate fra pazienti e medici, naturalmente aumentate in periodo Codiv-19, rientrano nella più ampia definizione di telemedicina. Fino ad arrivare ai più complessi e innovativi interventi chirurgici a distanza.
La telemedicina, se sfruttata adeguatamente, può indubbiamente offrire molti vantaggi:
La telemedicina è un ramo dell’assistenza sanitaria di cui si parla da molti anni già a livello europeo: la COM(2008)689 della Commissione Europea, emanata il 4 novembre 2008, nasceva per sostenere gli Stati membri nella realizzazione di servizi di telemedicina, creando dapprima la necessaria fiducia nella popolazione, apportando chiarezza giuridica e di trattamento dei dati poi, e infine risolvendo i relativi problemi tecnici e agevolando lo sviluppo del relativo mercato. Ma, in alcuni Paesi come la Svezia, si parla di e-health già dal 2006.
La Norvegia è molto attiva in questo senso, in ragione della lontananza tra le località e della difficoltà di raggiungere le strutture sanitarie, in Gran Bretagna invece è attivo dal 2008 il Whole System Demonstrator (WSD) Programme, una sperimentazione sistematica sulla telemedicina fra le più articolate al mondo; ma si tratta solo degli esempi più autorevoli.
In Italia già nel 2007 la Regione Emilia Romagna, di concerto col Ministero della Salute e con diverse altre regioni italiane, aveva avviato l’Osservatorio Nazionale e-Care; erano tempi non sospetti, in cui internet e la tecnologia nel nostro Paese ancora arrancavano. Infatti, prima di arrivare alla situazione attuale, in cui il Fascicolo Sanitario Elettronico sta prendendo piede rivoluzionando un po’ il concetto di assistenza sanitaria in generale, sia i pazienti che i medici sono dovuti entrare in un’ottica in cui la tecnologia è diventata uno strumento percepito come sicuro, importante e utile per monitorare la salute e per curarsi.
Oggi, nel nostro Paese, la telemedicina è una realtà tangibile, anche se con ampi margini di miglioramento, ed è utilizzata non solo per unire persone dislocate in posti lontani fra loro, ma anche per agevolare i ritmi della vita quotidiana, soprattutto in contesti più complessi, come quelli delle grandi città, in cui gli spostamenti spesso non sono così facili.
Pensiamo alla possibilità di prenotare prestazioni sanitarie online e poi di scaricarne i referti sempre online; alla possibilità di ricevere assistenza psicologica con videochiamate e messaggi; alle ricette elettroniche; e alle misure eccezionali di teleassistenza utilizzate durante la quarantena da coronavirus, che potranno anche essere riconsiderate e potenziate una volta tornati alla normalità, per tutta una serie di altre problematiche sanitarie.
Esiste anche un Istituto Italiano di Telemedicina, un ente no profit che mira alla promozione e alla ricerca relative alla telemedicina.
Della telemedicina fanno parte diversi ambiti d’azione: la teleassistenza (ad esempio per le chiamate d’emergenza da parte di persone anziane in momenti di difficoltà), la telesalute, la telemedicina specialistica (fra operatori sanitari) e infine il telemonitoraggio domiciliare, che è anche talvolta definito telemedicina secondaria.
Come detto, il telemonitoraggio domiciliare riguarda i pazienti normalmente cronici, che necessitano di essere appunto monitorati costantemente nei loro parametri vitali, come pressione, frequenza cardiaca, ossigenazione, glucosio nel sangue, etc.
In questo caso, la telemedicina si serve di tutta una serie di strumenti e dispositivi, come pressurimetri, saturimetri, elettrocardiometri, glucometri, collegati o no al web e quindi direttamente con i medici di riferimento, oppure che forniscono dati che lo stesso paziente può monitorare e poi eventualmente comunicare al medico, in forma di autoanalisi, se qualcosa non va.
Il telemonitoraggio domiciliare potrebbe in ogni caso subire una svolta epocale grazie all’introduzione di dispositivi facili da reperire e collegabili a smartphone e applicazioni in grado di tenere traccia di sintomi e parametri per segnalare subito se c’è un rischio. Dalle semplici smartband, tanto usate per lo sport, agli smartwatch, passando per grandi marchi come Philips ed Apple che guardano all’e-health in una prospettiva fino a qualche anno fa riferibile solo a film fantascientifici.
Sono diverse le app e le piattaforme di telemedicina utilizzabili e funzionanti. Ecco qualche esempio:
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