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Salvatore Di Somma, professore di Medicina interna all’università Sapienza di Roma e direttore del Comitato scientifico di Aisc-Associazione italiana scompensati cardiaci, è intervenuto a Catania al convegno ‘Lo scompenso cardiaco e le patologie croniche nella Regione siciliana, la voce del paziente’, occasione nella quale ha fatto un bilancio della sua esperienza sul campo arrivando in sintesi al concetto che è possibile ridurre il numero delle riospedalizzazioni grazie all’uso della telemedicina.
“Un controllo a distanza con moderni sistemi di telemedicina sarebbe un’ottima modalità per ridurre la morbilità di questa patologia attraverso una migliore formazione dei pazienti stessi, un obiettivo cruciale per Aisc”, ha sostenuto l’esperto.
“Nella mia trentennale esperienza professionale ho avuto modo di prendermi cura di molti pazienti con scompenso cardiaco e una cosa che ho spesso pensato è che servisse un impegno collettivo maggiore per consentire a tali pazienti di avere una buona qualità di vita quotidiana, senza dover rincorrere a frequenti riospedalizzazioni”. E’ la riflessione del medico.
“Capita spessissimo, come sottolineano i numeri – sottolinea ancora specialista – che un paziente, dopo aver vissuto un evento acuto di scompenso, venga ricoverato, curato e quindi dimesso, per ripresentarsi in ospedale dopo qualche mese. Ciò significa che la gestione della patologia ha qualche falla”. Secondo Di Somma, “la principale è la scarsa cultura legata allo scompenso stesso tra gli stessi pazienti scompensati. Chi soffre di scompenso si trova spesso nel quotidiano a essere in dubbio rispetto a cosa può o non può fare. Per fare un esempio, quando i pazienti vengono dimessi dall’ospedale viene loro detto di pesarsi tutti i giorni, per tenere sotto controllo i liquidi corporei. Ma non sempre lo fanno. Oppure, non sanno cosa possono mangiare e cosa no”.
“La cardiologia italiana – aggiunge poi l’esperto – sia da un punto di vista scientifico che da quello della qualità è all’avanguardia in Europa: un vero e proprio fiore all’occhiello per il nostro Paese”, ma ancora c’è molto da fare, anche perché “Per quanto riguarda però lo scompenso cardiaco non servono solo bravissimi cardiologi, ma anche tutti gli altri ‘attori’. In Europa, infatti, c’è forse un maggiore coinvolgimento sull’impatto della malattia da parte del personale infermieristico e delle strutture di telemedicina”, conclude.
In collaborazione con AdnKronos
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