Le stesse Francia e Italia che in Europa vanno a braccetto per combattere il caro energia, per alcune ore sono state divise per alcune parole, un po’ travisate e un po’ no, di una ministra del governo francese contro l’esecutivo che verrà in casa nostra.
Giorgia Meloni, premier in pectore, ha messo benzina sul fuoco, Laurence Boone, ministra in questione, ha provato a spegnerlo, ma solo dopo l’intervento diretto del nostro capo di Stato, Sergio Mattarella, l’incidente diplomatico, o molto di più, è stato definitivamente evitato. Il motivo, però, qual era? I diritti umani, che dalla Francia vogliono proteggere, e che noi sappiamo già fare da noi, ha detto il presidente della Repubblica.
Di pretesti per armare guerre ne sono pieni i libri di storia, ma prima, si sa, non si conosceva la dote della diplomazia. Ora, invece, che le cose sono cambiate, prima di farne scoppiare una ci si pensa su parecchio, non solo perché potrebbero diventare in tempi record internazionali, ma anche perché, in fondo, siamo tutti un po’ amici.
Non tutti, è vero, ma Francia e Italia sì, lo sono. Lo sono soprattutto ora che insieme stanno cercando una soluzione in ambito europeo per il problema della caro bollette. Quindi quelle ore di tensione vissute oggi stonano parecchio in un contesto in cui si sta dalla stessa parte; in cui Emmanuel Macron, numero uno dell’Eliseo, e Mario Draghi, ancora il presidente del Consiglio italiano, sedevano di fronte allo stesso tavolo, a Praga, per convincere i più scettici che il tetto al prezzo del gas è la mossa giusta per aiutare i cittadini.
Eppure. Eppure la tensione c’è stata. Ed è iniziata dopo che Giorgia Meloni, che prenderà il posto dell’ex presidente della Banca centrale europea a Palazzo Chigi non appena le sarà concesso, ha aperto i giornali e ha letto su Repubblica l’intervista della ministra francese agli Affari europei, Laurence Boone. “Lavoreremo con Roma – ha detto –, ma vigileremo sul rispetto di diritti e libertà”.
E quindi la replica della premier in pectore, che si è augurata che “la stampa di sinistra abbia travisato” le dichiarazioni e che il governo francese sarebbe arrivato a smentirle perché, ha detto, “somigliano a un’inaccettabile minaccia di ingerenza contro uno Stato sovrano, membro dell’Ue”.
Smentita che, almeno in parte, è arrivata: “La presentazione in questa intervista della relazione che intendiamo avere con l’Italia semplifica il pensiero di Boone”, fanno filtrare dallo staff della politica. In pratica, quindi, quello che voleva dire è che si dialogherà con il futuro esecutivo e non si daranno lezioni di nessun genere.
Un passaggio è anche dedicato alle lodi per la posizione assunta da Meloni sull’invasione dell’Ucraina a cui, però, si collega una frase che non spegne del tutto gli animi. “I diritti fanno parte di questi valori comuni. Si tratta di un requisito collettivo a livello dell’Unione europea, e per ognuno degli Stati membri”. “Non vigiliamo, ma state attenti”, il sunto. Parole molto simili a quelle pronunciate dal presidente francese, che ha detto di fidarsi ciecamente della scelta di Sergio Mattarella.
Dopo Macron, comunque, arriva anche il turno di Draghi, abbottonato come sempre. “Quando c’è un cambio di governo, c’è molta curiosità, ma non preoccupazione”, ha precisato prima di ribadire quello che i suoi interlocutori volevano sentirsi dire: in politica estera, la linea del governo della prima presidentessa del Consiglio donna della storia d’Italia “dovrebbe essere invariata”.
Un condizionale di troppo per la leader di Fratelli d’Italia, che ha ribadito come la posizione del suo partito in politica estera “è stata estremamente chiara all’opposizione e non c’è ragione che cambi”. Prima della sua risposta, però, a sedare gli animi era arrivata già quella di Mattarella. “L’Italia – ha detto – sa badare a sé stessa nel rispetto della Costituzione e dei valori dell’Unione”. Ovvero: “Ci sono io, state tranquilli voi”.
E Meloni lo ha sottolineato prima di rilanciare che “in nessun trattato c’è scritto che compete a una nazione straniera vigilare sul rispetto dei diritti di un’altra”, una piccolissima accusa che non è bastata per continuare un braccio di ferro che, ora, non farebbe comodo a nessuno.
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