(Foto: LaPresse)
Inutili e poco chiari: così si è espressa, a proposito di alcuni termini inglesi usati in Italia, l’Accademia della Crusca, che ‘boccia’ formalmente molti degli anglismi che stanno ‘prendendo piede’ nella lingua italiana. Il riferimento è soprattutto all’ambito economico e giornalistico, dove l’uso dei forestierismi è sempre più frequente. Il ‘rimprovero’ degli studiosi è arrivato, tempo fa, sull’onda del caso banca Etruria (quando nelle cronache si parlava di ‘bail in‘ e ‘bail out‘, ovvero ‘salvataggio interno’ e ‘salvataggio esterno’) e si è riaccesa nell’ambito della ‘stepchild adoption‘ (espressione inglese che definisce l’istituto giuridico che regola l’adozione dei figliastri) che, linguisticamente parlando, gli esperti dell’Accademia più antica e prestigiosa del mondo, hanno definito semplicemente ‘improponibile’.
Basta con l’inglese superfluo, dunque, con gli inutili anglismi disseminati qua e là nella lingua italiana. I termini inglesi usati in Italia, infatti, sono sempre più numerosi, soprattutto tra gli operatori finanziari, i giornalisti e, talvolta, anche tra i politici. Il monito arriva direttamente dall’Ente supremo della lingua italiana, l’Accademia della Crusca che, attraverso ‘Incipit‘ – il gruppo specializzato in forestierismi ‘incipienti‘, quelli cioè che stanno prendendo piede nella lingua italiana – invita ad utilizzare ‘adozione del figlio del partner‘ (meglio ancora, ‘del configlio‘) in luogo di ‘stepchild adoption‘, ‘compito‘ o ‘missione‘ invece di ‘mission‘, ‘tappa‘ al posto di ‘step‘, ‘luogo adibito ad un evento‘, invece di ‘location‘.
‘Salvataggio interno’ è meglio di ‘bail in’
Come dicevamo, la Crusca ha cominciato a ‘bacchettare’ gli addetti ai lavori quando nelle cronache economiche, a proposito della crisi di Banca Etruria, si è cominciato a parlare di ‘bail in‘ o ‘bail out‘. Senza entrare nel merito della questione, che è prettamente economica, queste due espressioni inglesi – che derivano peraltro dallo slang – indicano un procedimento di salvataggio delle banche in crisi dall’interno (‘bail in‘), attraverso le risorse dell’istituto stesso, o dall’esterno (‘bail out‘), attraverso, ad esempio, i contributi pubblici.
Il monito degli Accademici è rivolto soprattutto ai giornalisti e agli operatori finanziari che dovrebbero utilizzare, al posto dei termini inglesi, le corrispettive locuzioni italiane: ‘salvataggio interno‘, secondo gli esperti di Incipit, risulta molto più chiaro, rispetto a ‘bail in‘, nella comprensione dei contenuti bancari, aiutando i correntisti a capire bene dove vanno a finire i loro soldi.
‘Smart working’ invece di ‘lavoro agile’
Idem per l’altra espressione ‘bocciata’, ‘smart working‘, analizzata dalla Crusca perché oggetto di un disegno di legge approvato alla fine di gennaio 2016. Si tratta di un’evoluzione del telelavoro, un lavoro da casa in sostanza, che permettere di svolgere un’attività in maniera più flessibile. Il corrispettivo italiano è ‘lavoro agile‘, molto più semplice e chiaro che, con soddisfazione degli accademici, sembra stia prendendo il posto del meno espressivo ‘smart working‘.
L’adozione del ‘configlio’
Tra i termini inglesi usati in Italia, infine, ‘stepchild adoption‘ è quella che i linguisti della Crusca definiscono ‘improponibile’, molto meglio il corrispettivo italiano ‘adozione del configlio‘, neologismo proposto da Francesco Sabatini, presidente onorario dell’Accademia. A differenza dell’espressione (comunque accettabile) ‘adozione del figlio del partner‘, ‘adozione del configlio‘ ha un significato molto chiaro: intanto sottolinea un grado di parentela, in più si rifà a termini già in uso come consuocera, consuocero o compare.
Perché utilizziamo gli anglismi?
L’ultimo ‘strale’ contro gli inutili forestierismi presenti nella lingua italiana, lo ha lanciato Claudio Marazzini, professore di Storia della Lingua italiana e dal 2014 presidente dell’Accademia della Crusca. Secondo il linguista l’abuso di forestierismi è dovuto alla mancanza di conoscenza della lingua italiana e al fatto che essa ‘non è davvero amata dai suoi utenti, ha spiegato nel corso di una lezione, tanto è vero che gli italiani, sia i giovani sia i vecchi e gli adulti, sono gli ultimi nelle classifiche della capacità di comprendere un testo‘.