I nomi di chi ha perso la vita nel reatino, i pianti di chi ha perso una persona amata, oltre a non avere più nulla, le lacrime di un’intera comunità e le parole del vescovo di Rieti, monsignor Domenico Pompili, perché “il terremoto non uccide, uccidono le opere dell’uomo“. I funerali solenni delle prime vittime del terremoto di Amatrice hanno visto un’intera comunità riunita. Sotto la pioggia, al riparo in una tensostruttura da mille mq realizzata a tempo record sullo spiazzo del campo sportivo, la cittadina più colpita dal sisma del 24 agosto ha dato l’estremo saluto ai suoi morti, la prima cerimonia che si tiene in quel che resta nel paese straziato dal terremoto. Al termine delle esequie hanno parlato i sindaci di Accumoli e di Amatrice: entrambi hanno chiesto alla politica di non lasciare soli i paesi devastati dal terremoto.
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“Non abbiamo più lacrime per piangere, ora abbiamo due possibilità: lasciarci sopraffare dallo sconforto o la possibilità di reagire e di dedicare il nostro tempo affinché la memoria di queste persone sia ricordata con l’opera dell’uomo“, ha dichiarato dal pulpito il sindaco di Amatrice, Sergio Pirozzi. “Prima abbiamo sentito i nomi delle vittime: per me erano il macellaio, chi faceva il miele, la bimba che andava a scuola con mia figlia: è un dolore immane“, ha ricordato commosso. Il primo cittadino ha lanciato l’appello affinché questi luoghi non vengano abbandonati e che la ricostruzione avvenga il prima possibile. “Oggi l’Italia, grandissima nella fase dell’emergenza, lo sia anche nella fase della ricostruzione, perché questa gente vuole restare qui“, ha concluso, prima di lasciarsi andare alle lacrime.
IL VESCOVO: ‘UCCIDONO LE OPERE DELL’UOMO NON I TERREMOTI’
“La ricostruzione non sia una querelle politica o una forma di sciacallaggio. Si deve fare rivivere una bellezza di cui siamo custodi, disertare questi luoghi sarebbe ucciderli di nuovo, dobbiamo inventarci una forma nuova di presenza“, ha chiesto il vescovo di Rieti, alla presenza delle più alte cariche dello Stato, dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, al premier Matteo Renzi, i presidenti di Camera e Senato, Laura Boldrini e Piero Grasso. Presente anche l’imam di Firenze e il vescovo ortodosso. Come già ad Ascoli, il Capo dello Stato si è trattenuto a lungo per parlare con la gente di Amatrice e consolare chi ha perso un caro nel sisma.
“I paesaggi che vediamo e che ci stupiscono per la loro bellezza sono dovuti alla sequenza dei terremoti. Le montagne si sono originate da questi eventi e racchiudono in loro l’elemento essenziale per la vita dell’uomo: l’acqua dolce. Senza terremoti non esisterebbero dunque le montagne e forse neppure l’uomo e le altre forme di vita. Il terremoto non uccide, uccidono piuttosto le opere dell’uomo“, prosegue il vescovo che chiama in causa la politica alle proprie responsabilità per quello che sarà il dopo terremoto.
“La ricostruzione non sia una querelle politica o una forma di sciacallaggio. Si deve fare rivivere una bellezza di cui siamo custodi, disertare questi luoghi sarebbe ucciderli di nuovo, dobbiamo inventarci una forma nuova di presenza“, chiede davanti alle autorità dello Stato, mischiate alla folla di parenti e amici che hanno perso un loro caro nel sisma. L’auspicio è che si ritorni presto a vivere in quelle strade e vicoli. “Abbandonare queste terre sarebbe ucciderli due volte. Gente dell’Appennino non vi abbandoneremo“, ha chiosato.
Un’altra giornata di lutto nazionale per l’Italia, dopo i funerali delle vittime marchigiane, dichiarata dalla presidenza del Consiglio e un altro giorno di dolore a cui stanno prendendo parte anche, come già avvenuto ad Ascoli. Lo Stato vuol far sentire la sua presenza a chi ha perso tutto: lutto nazionale e bandiere a mezz’asta sugli edifici pubblici. Il bilancio ufficiale è di 292 morti, una decina ancora i dispersi, mentre la magistratura si muove per indagare sui crolli e sulle responsabilità di chi ha costruito male edifici e case in una zona altamente sismica.
LE PRIME INDAGINI
“Ogni ristrutturazione deve essere l’occasione per ristrutturare la struttura portante. Se crolla e non avevo fatto l’adeguamento sismico questo fattore può essere un elemento di indagine“, chiarisce il procuratore capo di Rieti, Giuseppe Saieva, in un’intervista al Messaggero. Non ci sono solo le colpe di funzionari e dipendenti statali che hanno dato l’assenso al collaudo di edifici poi crollati: anche chi ha ristrutturato male la propria abitazione, in barba alle regole edilizie, potrebbe rischiare grosso. “Nel caso in cui io non abbia fatto l’adeguamento sismico, ma controllando le macerie si capisce che ho posto in essere una condizione dell’evento morte di qualcuno, in astratto ci potrebbe essere una ipotesi di omicidio colposo. Ma stiamo parlando di ipotesi“, specifica.
Quello che rimane della chiesa di Amatrice
Diverso il caso degli edifici pubblici come la scuola elementare, crollata nonostante i lavori di ristrutturazione del 2012. “Appena avrò tutti gli atti in mano sceglierò la polizia giudiziaria giusta per lavorare all’indagine. Gli spunti investigativi sono molti, alcuni provengono persino dagli approfondimenti fatti dai giornali“, continua il procuratore, spiegando che “sicuramente faremo degli accertamenti sulle aziende che hanno effettuato i lavori, per capire chi e come ha lavorato. Prima dobbiamo acquisire gli atti dell’appalto dalla gara all’aggiudicazione fino al collaudo. Solo dopo potremo sapere quali siano le esatte responsabilità di tutti i coinvolti“.
Bandiere a mezz’asta per i funerali delle vittime del terremoto
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