La sentenza lo scorso ottobre aveva riconosciuto il 30% di colpa alle persone decedute nella palazzina di via Campo di Fossa.
Protestano con indignazione le famiglie. Il comune ha chiesto 18mila euro come risarcimento delle spese legali dopo la sentenza dello scorso ottobre che aveva suscitato sdegno in tutto il Paese. Adesso le famiglie delle vittime del tremendo terremoto del 2009 saranno chiamati anche a risarcire. “Accanimento e fretta ingiustificata nel chiedere il risarcimento”.
Ritenuti colpevoli per il 30% i morti della palazzina di via Campo di Fossa, per condotta incauta; nel dettaglio “intrattenersi a dormire in casa”. Così il giudice del Tribunale civile aveva attribuito le colpe alle vittime del terremoto del 2009, suscitando grande indignazione in tutta Italia.
Nella richiesta del risarcimento danni le famiglie avevano chiesto anche al Comune dell’Aquila di prendersi carico delle responsabilità dovute al rilascio del certificato di abitabilità dell’edificio. Questo nonostante le difformità emerse successivamente tra il palazzo che venne poi costruito e il progetto originale, approvato comunque dall’amministrazione.
La sentenza di ottobre aveva deciso per il risarcimento da parte dei ministeri di Infrastrutture e Trasporti, insieme a quello dei Lavori pubblici, assolvendo invece il Comune dell’Aquila. Proprio il comune, costituito in giudizio, ha deciso di contestare la responsabilità per il crollo dovuto al terremoto nel quale persero la vita gli inquilini, affermando che in realtà l’Ente comunale era andato avanti verifiche, rilasciando dunque con cognizione di causa il certificato per l’abitabilità dopo le dovute indagini.
Certificato rilasciato il 3 settembre 1964, pare però – come le verifiche effettuate – avesse carattere prettamente igienico-sanitario e urbanistico, non certo dunque volto alla sicurezza. Ne tantomeno alla stabilità in caso di terremoto, all’idoneità del fabbricato costruito. Sarebbe il tecnico che ha progettato i calcoli per la costruzione, secondo quanto affermato dalla difesa del Comune, ad avere le responsabilità dunque.
La tesi del Comune è stata accolta e approvata dal giudice del Tribunale civile, tre mesi fa, che ha condannato infine chi aveva fatto ricorso. Le famiglie delle vittime dunque non solo non avranno alcun risarcimento, ma saranno chiamate al pagamento delle spese di lite per più di 13mila euro al Comune. L’Ente dovrà a sua volta pagare le spese di lite agli eredi del tecnico progettista, che era stato individuato come responsabile.
E’ stato il Comune dunque a presentare ricorso in Appello per le spese legali. Il tutto senza attendere il ricorso in Appello delle famiglie delle vittime del sisma, in maniera piuttosto frettolosa, che hanno però già fatto sapere di voler procedere contro la decisione del giudice di ottobre. I legali del Comune dell’Aquila hanno chiesto a sorpresa lo scorso 11 gennaio i pagamenti delle spese legali che ammontano a più di 18mila euro.
Non se lo aspettava certo l’avvocato Maria Grazia Piccinini madre di Ilaria Rambaldi, una giovane studentessa morta proprio in quel palazzo durante il sisma. La donna si è detta sorpresa e sconcertata da tale comportamento dell’amministrazione in seguito alla sentenza. “Da una parte appella e dall’altra chiede i soldi alle vittime“. Fretta ingiustificata spiega all‘AdnKronos l’avvocato che crede fermamente che il comune avrebbe potuto quantomeno attendere prima di procedere con la richiesta di risarcimento delle spese.
E’ questo l’ennesimo accanimento contro chi ha già sofferto, sostiene Piccinini, contro le famiglie di chi ha perso la vita tragicamente che ancora una volta si sentono perseguitate. Un dramma senza fine, a più di 12 anni di distanza, oltre ai lutti anche le controversie e le battaglie legali, lunghe e infinite, che sanno tanto di beffa oltre il danno.
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