Sono circa 100mila i manifestanti pro-democrazia che ieri hanno circondato la sede del governo thailandese, a Bangkok. A fronte della situazione di forte tensione, l’esecutivo ha proclamato lo stato d’emergenza e la polizia ha sgomberato l’area, arrestando venti attivisti, di cui quattro dei loro leader.
Ma cosa chiedono i manifestanti? A muovere le 100mila persone scese in strada è la richiesta di una Costituzione democratica, una forte riduzione dei poteri del re, lo stop alla persecuzione dei dissidenti politici e, infine, le dimissioni del primo ministro Prayuth Chan-ocha, ex generale golpista.
Tra i manifestanti arrestati figurano Anon Nampha, Parit Chiwarak e Panupong Jadnok, tra i più attivi nei comizi e nell’avanzare le richieste al governo. Senza dimenticare Panusaya, la studentessa di 21 anni che per prima ad agosto lesse un manifesto per la riforma della monarchia davanti a una folla di studenti.
Ma cosa prevede lo stato di emergenza? Da oggi in Thailandia sono vietati assembramenti con più di 5 persone e la pubblicazione di messaggi che potrebbe nuocere alla sicurezza nazionale.
Ad annunciare il provvedimento, in vigore dalle 4 di notte, è la tv di Stato. Il messaggio è molto chiaro: “E’ estremamente necessario introdurre urgenti misure per porre fine a questa situazione in modo rapido ed efficace per mantenere l’ordine“.
Una folla di persone che accoglie tra gli insulti l’automobile del re e della regina, con le tre dita alzate contro la dittatura, come nella saga di “Hunger Games”. Una scena a cui qualche anno fa nessuno si sarebbe mai immaginato di assistere, in un Paese dove il re è considerato semi-divino. Le immagini che arrivano nelle ultime ore da Bangkok sono così la fotografia di un Paese spaccato, diviso fra l’antica tradizione monarchica e un forte desiderio di cambiamento.
La protesta in atto a Bangkok è, infatti, soltanto l’ultima di una serie di manifestazioni, iniziate circa tre mesi fa. Ma questa è la prima volta dall’inizio delle proteste che si arriva a una misura così estrema: la proclamazione dello stato di emergenza.
Fra le date salienti dell’ondata di proteste iniziata a luglio, impossibile non citare il 10 agosto, quando l’attivista dell’Università Thammasat di Bangkok, Panusaya, lesse in piazza un Manifesto di dieci punti. Nel manifesto si chiedevano le dimissioni di Prayuth, ex generale golpista, e si criticava apertamente il ruolo della corona, commettendo un reato di lesa maestà. Un gesto “impensabile in Thailandia“, riferisci l’ISPI.
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