Oggi, 15 dicembre, Thw Who Sell Out, il terzo album degli Who, spegne 55 candeline. Ma siamo proprio sicuri che oggi, poco più di mezzo secolo dopo – il messaggio che voleva mandare era così antico e non attuale?
The Who Sell Out compie 55 anni oggi. Eppure, ascoltandone le tracce, potrebbe essere stato scritto tranquillamente ieri. Il messaggio, infatti, di cui si fa portatore, è più che contemporaneo. Anzi, appare più moderno oggi che negli anni ’60, quando di fatto l’abum è stato scritto.
Era il 15 dicembre del ’67 precisamente quando nel panorama discografico internazionale compariva The Who Sell Out, un album che avrebbe cambiato non solo le sorti artistiche della band – data la virata verso un rock più “estremo” – ma anche forse della sua immagine, in tutti i sensi.
Già quella comparsa sulla copertina del lavoro diceva molto: divisa in due parti, mostrava da un lato Pete Townshend intento a spruzzarsi un deodorante Odorono oversize e dall’altro Roger Daltrey in una vasca piena di fagioli con in mano una lattina gigante di fagioli al forno Heinz. Ma non scusateli affatto per la pubblicità occulta (ma neanche troppo): era proprio questo l’intento della band.
Ma non finisce qui, perché ovviamente anche il retro parlava da solo ed infatti conteneva Keith Moon mentre si stava applicando sul viso una finta pomata per l’acne (Medac) e John Entwistle (travestito da Tarzan), con una donna rigorosamente in bikini (leopardato) tra le braccia e un orsacchiotto.
E se è vero che il libro non si dovrebbe mai giudicare dalla copertina, non possiamo dire la stessa cosa di The Who Sell Out. Perché in questo caso è proprio la cover a rispecchiare l’intero lavoro (oppure capolavoro a tratti, che dir si voglia).
Una nota a margine: le prime mille copie includevano insieme alle tracce anche un poster che raffigurava una farfalla e un adesivo sulla copertina con l’iconica frase “Free Psychedelic Poster Inside”. E non credete che tutto questo non avesse un prezzo, perché ne aveva uno anche abbastanza salato siccome questa edizione limitata costava più di 600 sterline.
Ma che senso ha avuto fare tutto questo? Cioè perché quest’idea? E, soprattutto, qual è il significato più profondo che gli Who volevano trasmettere?
Potremmo fare mille ringraziamenti per l’arrivo nel mondo musicale di questo album, ma la verità è solo una: per gli Who questo è stato una sorta di gioco, di divertimento, ma neanche tanto poi.
Era quello il periodo in cui la band stava prendendo parte a numerose pubblicità (alcune delle quali sono incluse come tracce bonus nel CD rimasterizzato). I suoi manager – Kit Lambert e Chris Stamp – pensarono bene di suggerire ai suoi componenti di dare vita ad un album che potesse essere ispirato alla struttura dei programmi delle radio pirata – all’epoca ve ne erano diverse seguitissime, come come Radio Caroline, Radio Scotland e Radio London – quasi come se potesse essere una sorta di tributo. E allora la band colse la palla al balzo e, memore del fatto che dovesse proprio a loro l’avanzata del movimento mod (modernista), che a sua volta aveva permesso loro di emergere in quegli anni e di raggiungere il vero successo commerciale, decise di accettare la proposta.
Eppure nessuno di loro – compreso Richard Barnes, vicino alla band e autore del libro Maximum R&B compreso – volle accontentarsi di questo: a quest’ultimo venne l’idea dei jingles commerciali, ma a quanto pare nessuno si oppose alla sua idea, anzi tra fragorose risate iniziali furono tutti d’accordo. Alla fine il risultato fu un concept album che pretendeva di diventare una trasmissione dalla succitata stazione pirata Radio London e che al contempo conteneva un messaggio molto preciso, rivolto al consumismo (ma di questo parleremo in modo approfondito dopo). Non a caso, il primissimo singolo ad essere scritto fu Jaguard, ispirata chiaramente alla celebre auto, seguita rapidamente da una strumentale che il gruppo aveva registrato per Coca-Cola, altro colosso commerciale.
Fermo restando che a comporre quasi tutte le tracce fu Speedy Keen (fatta eccezione per tre brani scritti invece dal bassista John Entwistle e per uno per il quale dobbiamo rendere grazie al cantante dei Thunderclap Newman), sono state le cause legali successive a far discutere tantissimo, tanto da restare nella storia. Da un lato, c’era la critica che aveva accolto con estremo clamore l’album, considerato all’epoca il migliore fino a quel momento della band – ma ancora oggi spesso compare nelle classifiche degli album più apprezzati di tutti i tempi, sia chiaro – dall’altro vi erano alcune aziende abbastanza contrariate per i messaggi pubblicitari fake ed ironici.
Qualche esempio? I creatori dei veri jingle di Radio London jingle affermarono che gli Who li avevano usati senza il loro consenso, la Odorono si mostrò abbastanza contrariata per il fatto che Stamp avesse chiesto un risarcimento per la pubblicità fatta al loro prodotto.
In ogni caso, meritano una menzione alcune tracce, soprattutto considerando che è vero che non tutte hanno rappresentato la parentesi più “alta” culturalmente degli Who, ma che molte ancora oggi continuano a risuonare nella mente e nelle orecchie di tantissimi loro fan e che hanno comunque costituito un esempio tangibile della versatilità della band.
Passiamo infatti dalla psichedelia di Armenia City In The Sky, ai tocchi di pop di Mary Anne With The Shaky Hand, e poi agli arpeggi di Tattoo. E ancora, troviamo un pop decisamente più raffinato in I Can’t Reach You, ma anche un rock altrettanto sofisticato in Rael (1 and 2), citata tra l’altro anche in Sparks” un paio di anni dopo.
Il discorso principale però è che oggi, esattamente 55 anni dopo, sembra di ascoltare delle tracce appena scritte per il loro contenuto. Possiamo prendere in considerazione singoli brani, come il succitato Tattoo, che suggerisce che per essere davvero uomini sia necessario avere un tatuaggio, messaggio che all’epoca era davvero ironico, mentre oggi forse lo è un po’ meno. E basta guardarsi intorno (oppure anche andare sui social) per comprenderlo.
Ma non solo, perché è il tema centrale, il consumismo, a sorprendere guardato con gli occhi con cui vediamo il mondo oggi. Ci fornisce una sua definizione Wikipedia, che viene in nostro soccorso per spiegare bene il concetto: si tratta in sostanza di “un fenomeno economico-sociale tipico delle società industrializzate, nelle quali, per far fronte alla elevata produttività, è necessario il riacquisto continuo di beni e servizi”.
All’epoca della pubblicazione di The Who Sell Out – e a questo punto il titolo già dice tutto – sicuramente era inteso in modo diverso nel mondo. Non vi erano il web, internet e i social su cui ostentare ciò che si ha (ma anche a volte ciò che non si ha) e questo faceva sì che la voglia di mostrarsi fosse inferiore e che le possibilità di sapere cosa avessero gli altri fossero decisamente di meno per ovvi motivi. Eppure gli Who hanno sentito già in quel periodo l’esigenza di scrivere un intero album partendo (anche) da questo presupposto e forse su questo sono stati molto lungimiranti.
Ecco perché riascoltarlo adesso può fare solo bene: ci ricorda che forse dovremmo imparare ad essere prima che apparire, che dovremmo dare importanza all’essenza più che alla sostanza, che dovremmo ricordarci che i beni materiali non sono tutto nella vita.
Tracklist:
LATO 1
1. Armenia City in the Sky
2. Heinz Baked Beans
3. Mary-Anne With The Shaky Hand
4. Odorono
5. Tattoo
6. Our Love Was
7. I Can See for Miles
LATO 2
1. Can’t Reach You
2. Medac
3. Relax
4. Silas Stingy
5. Sunrise
6. Rael (1 and 2)
A quasi un anno dalla morte di Giulia Cecchettin, evento brutale che ha acceso un’ulteriore…
E sono sempre di più gli italiani che vorrebbero andare in pensione in anticipo. Per…
Lazio, l'utente mostra quanto spende per una cena: il costo è davvero insolito e scatena…
Quest'uomo trova una strana scatola nel bidone della spazzatura e quello che scopre mette davvero…
Vendi e guadagna con le tue creazioni: con 3 bottoni crei l'impensabile e piace molto…
In arrivo arretrati fino a 4000 euro: ecco per chi sono. Proprio questi cittadini italiani…