L’hashtag #thisisnotconsent ha raggiunto rapidamente le posizioni di vetta nei trend su Twitter dopo un discusso caso giudiziario con vittima una diciassettenne irlandese. L’avvocato difensore di un ventisettenne accusato di stupro nei confronti della giovane ha infatti mostrato in aula il perizoma dell’adolescente asserendo che fosse elemento di responsabilità per la violenza sessuale. A rendere il tutto ancora più difficile da accettare il fatto che l’avvocato difensore fosse proprio una donna, Elizabeth O’Connell. Una volta diventato di pubblico dominio questo episodio ha scatenato dunque un movimento social con migliaia di donne che hanno pubblicato le foto delle loro mutandine associate appunto all’hashrag #thisisnotconsent (questo non è consenso, un permesso) proprio per manifestare a gran voce che l’abbigliamento non può essere utilizzato come scusa.
Una (brutta) storia purtroppo vecchia come il mondo quella che associa l’abbigliamento femminile a una sorta di provocazione e quasi giustificazione per una violenza sessuale. Nonostante stiamo per entrare negli anni ’20 del 2000 questo è ancora utilizzato non soltanto nei beceri discorsi da bar ma addirittura nei tribunali. E peggio ancora da parte di una donna nei confronti di un’altra donna, in questo caso addirittura minorenne.
Nella descrizione dell’abbigliamento intimo, l’avvocato difensore Elizabeth O’Connell ha infatti affermato che la diciassettenne indossava un perizoma con pizzo sul fronte e ha consigliato alla corte di considerare l’intimo per la loro decisione. Come se questo fosse un invito a quello che poi sarebbe tristemente diventato il suo stupratore.
Le sue parole al tribunale di Cork: “Le prove escludono la possibilità che lei sia stata attratta dall’imputato ed era aperta ad incontrare qualcuno e stare con qualcuno? Dovete considerare come era vestita. Indossava un perizoma con pizzo frontale”.
Noeline Blackwell a capo del Dublin Rape Crisis Centre, ha controbattuto di non essere sorpresa di questa posizione. A The Independent ha dichiarato: “Il riferimento alla biancheria intima della ragazza e l’assunzione e l’inferenza alla giuria perché lei era vestita in quel modo e stava chiedendo il sesso non ci deve sorprendere. Affianchiamo persone al tribunale e viviamo spesso questi stereotipi in merito agli stupri.
Da qui, la campagna social con numerossime donne che hanno pubblicato le foto del loro intimo associato all’hashtag #ThisIsNotConsent in supporto alla 17enne e al tremendo trattamento a lei riservato. Va da sé, che l’avvocato difensore O’Connell ha ricevuto un numero importante di insulti e di maledicenze social.
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