Se c’è un tema che rischia di far cadere ogni governo, di destra o di sinistra, è quello delle pensioni. Anche per questo, sull’Inps e sul futuro previdenziale degli italiani c’è sempre stato un velo di silenzio: meglio non sapere a cosa andiamo incontro, con il rischio di far nascere una rivolta. Qualcosa è cambiato da dicembre 2014 quando Tito Boeri è stato nominato dal governo Renzi nuovo Presidente dell’Inps. Da allora, l’economista più famoso d’Italia, ha inanellato una serie di azioni e proposte che stanno cambiando il volto stesso dell’Inps, mostrando la realtà delle pensioni (presenti e future) in tutta la sua durezza senza più nascondersi dietro il paravento della “stabilità” del Paese. Andiamo a scoprire chi è, quali sono le piccole grandi rivoluzioni che sta apportando e come potrebbe reagire il governo alle sue parole.
Milanese, classe 1958, fratello di Sandro (giornalista) e Stefano (architetto), Tito Boeri è un economista di fama internazionale, noto al grande pubblico in Italia come firma del giornalismo digitale ed esperto di temi economico-sociali.
Chi è Tito Boeri
Il suo curriculum, pubblicato da Lavoce.info (sito di cui è tra i fondatori) conta una laurea in Economia alla Bocconi di Milano e un Ph.D. in Economia alla New York University: per 10 anni senior economist all’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, poi consulente del Fondo Monetario Internazionale, della Banca Mondiale, della Commissione Europea e dell’Ufficio Internazionale del Lavoro, è professore ordinario (in aspettativa) alla Bocconi, dove dal 2012 al 2014 è stato prorettore alla Ricerca, e Centennial Professor alla London School of Economics.
Direttore della Fondazione Rodolfo Debenedetti, responsabile scientifico del festival dell’economia di Trento, firma per il quotidiano La Repubblica e creatore del sito di economia Lavoce.info e del corrispettivo inglese voxeu.org, è autore di saggi e articoli in cui indaga i rapporti tra mondo del lavoro ed economia.
La nomina all’Inps
Per la sua capacità di parlare in termini semplici ma precisi di tematiche molto complesse, è stato spesso ospite di trasmissioni tv in cui affrontava aspetti controversi della politica economica italiana ed europea. Il suo nome circolava da tempo per un incarico di grande responsabilità ma è il governo Renzi, con il Cdm della Vigilia di Natale del 2014, a nominarlo Presidente dell’Inps. Una mossa voluta da Matteo Renzi perché l’economista lo aiutasse con la riforma delle pensioni, si gettasse nella mischia e rendesse più snella l’elefantiaca macchina burocratica dell’istituto di previdenza nazionale.
La scelta è indovinata. Boeri è una personalità di alto profilo tecnico, ottimo comunicatore e conoscitore delle più grandi realtà dell’economia internazionale: la sua nomina può sembrare una mossa di facciata e invece si rivela forse una delle migliori intuizioni del premier.
Semplificazione e razionalizzazione
Appena arrivato, Boeri si trova davanti a una situazione disastrosa e si mette all’opera. Inizia un’opera di razionalizzazione e semplificazione che riguarda ogni aspetto dell’Inps, a partire dal sito (e dalla trafila spesso ridicola per avere la password d’accesso ai servizi telematici). Più importante ancora, costringe il Paese e la politica a guardare in faccia alla realtà. La riforma Fornero da un lato e il vecchio sistema dall’altro, a metà tra il retributivo e il contributivo, hanno portato non tanto i conti Inps quanto i pensionati di oggi e di domani sull’orlo della povertà.
Arriva il simulatore dell’assegno pensionistico, un modo diretto che permettere di conoscere il proprio futuro previdenziale. La mossa è rischiosa e mai tentata prima perché svela l’enorme platea di poveri che il sistema pensionistico e lavorativo italiano stanno creando da decenni. Prima di Boeri, nessuno aveva rivelato i dati reali per paura di creare instabilità sociale (e quindi politica): è difficile dire a un’intera generazione che, se mai andrà in pensione, percepirà una miseria.
La sveglia alla politica: persa un’intera generazione
L’opera di Boeri non si ferma: ha inviato la busta arancione, ha svelato i mali del sistema pensionistico italiano, indicato le aree in cui intervenire al più presto, dai tagli alle pensioni più alte al reddito minimo. Cosa fondamentale, continua a lanciare allarmi al mondo della politica perché faccia qualcosa e salvi la generazione dei 30enni, quella dei nati negli anni Ottanta, che lavoreranno di più e avranno assegni minimi, e che rischiano di andare in pensione a 75 anni.
Attacco alla legge Fornero
Boeri sa di cosa sta parlando perché si dedica da anni, come economista e studioso, ai problemi economici del mondo del lavoro. Con il collega Pietro Garibaldi, ha svolto una ricerca sull’impatto reale della legge Fornero nei confronti dei più giovani: i dati, raccolti dal 2008 al 2014 su ottantamila imprese sopra i 15 dipendenti, sono stati anticipati da La Stampa (saranno pubblicati anche sul sito dell’Inps e presentati all’università di Parigi) e confermano quello che Boeri e molti economisti sospettavano da tempo. La riforma delle pensioni voluta dal governo Monti ha sì salvato i conti ma ha tolto lavoro ai più giovani, costringendo i più anziani a rimanere al lavoro più a lungo. La ricerca di Boeri e Garibaldi ha certificato che la legge Fornero ha allungato la vita lavorativa a circa 90mila lavoratori senior e ha tolto l’opportunità a 36.745 giovani, il 22 percento dei posti persi tra il 2011 e il 2014. Il dato non è neppure assoluto, visto che mancano le piccole e medie imprese, cuore dell’economia italiana, ma è comunque indicativo. Occorre mettere mano al problema e dare lavoro e opportunità ai più giovani o si rischia la paralisi sociale.
Una riforma strutturale
Boeri insiste con cadenza regolare e con sempre maggiore incisività sulla necessità di una riforma strutturale delle pensioni; chiede al governo di metterci la faccia, di starlo a sentire e di fare qualcosa di concreto per sistemare le storture del sistema. Le sue parole sono arrivate dritte al centro del problema e hanno chiamato in causa il vero responsabile, la classe politica che ha usato le pensioni come bancomat, lontano dalle elezioni, e, a ridosso del voto, come contentino.
Cosa farà il governo
Ora, il governo Renzi può muoversi in due direzioni. Può dargli ascolto, fidarsi di un suo uomo e trovare il modo meno doloroso possibile per raddrizzare il sistema. Le ultime notizie sembrano guardare a questa ipotesi: Boeri ha incontrato i ministri competenti per presentare le sue proposte e il governo starebbe studiando le prime contromosse, ma tutto è ancora da stabilire. Oppure può scegliere la “Cottarelli road“, in omaggio all’ex commissario alla spending review Carlo Cottarelli (attualmente direttore esecutivo dell’FMI) e salutarlo, ringraziandolo per l’ottimo (ma inutile) lavoro svolto e lasciando tutto così com’è. Tanto la loro pensione è assicurata.
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