Continua a far discutere la tragedia del Titan, il sommergibile turistico a bordo del quale hanno perso la vita 5 persone.
Con un viaggio sponsorizzato dalla OceanGate, il mezzo avrebbe portato i facoltosi passeggeri a vedere da vicino i resti del Titanic. Purtroppo però qualcosa è andato storto, gli ingegneri infatti non hanno calcolato l’enorme pressione dell’Oceano Atlantico e il sommergibile è imploso su sé stesso provocando una morte orribile al gruppo: il pilota, il proprietario della società, un imprenditore pachistano con il figlio e un uomo d’affari britannico. Ora torniamo a parlare di quel disastro avvenuto il 18 giugno, giorno in cui il personale a terra ha perso i contatti con il sommergibile appena due ore dopo l’immersione avvenuta a 700 chilometri a largo dell’isola canadese di Terranova. A portare il Titan in quel luogo è stata la nave appoggio Polar Prince, e anche l’operato del personale è stato molto contestato perché sembra che l’allarme sia stato lanciato solo dopo diverse ore dalla perdita dei contatti. Ma ciò che sconcerta nuovamente, oggi, è la ricostruzione fatta da un esperto di sottomarini, per capire davvero gli ultimi istanti di vita dei passeggeri.
Sponsorizzata come un’avventura pazzesca e assolutamente da provare, l’esperienza a bordo del Titan era davvero una cosa eccezionale che tutti di certo guardando il video pubblicato dalla OceanGate, la società che gestiva questi viaggi turistici, avrebbe voluto vivere.
Purtroppo si trattava di una vacanza per pochi perché il prezzo era di circa 250mila euro a persona e infatti, c’erano uomini d’affari facoltosi a bordo della spedizione del 18 giugno scorso, per arrivare a vedere da vicino il relitto del Titanic, dormiente da oltre un secolo nelle profondità dell’Oceano Atlantico a circa 3.800 metri di profondità.
La stessa a cui quindi il pilota ha portato il sommergibile con con a bordo il Ceo dell’azienda e i tre turisti però, più che una favola, il fatto ha avuto un epilogo tragico e il mezzo è imploso su sé stesso per l’enorme pressione esercitata dall’acqua, cosa non calcolata evidentemente nonostante il Titan venisse presentato come un mezzo avanguardistico e sofisticato. I detriti e ciò che rimane delle salme, sono stati trovati dopo dieci giorni di ricerca.
Tante ipotesi sono emerse in quel periodo e ancora oggi continuano a tenere viva l’attenzione sulla vicenda. Una in particolare quella più macabra, sembra infatti che i passeggeri avessero capito che cosa stava succedendo, almeno nell’ultimo minuto.
Al momento nessuna ipotesi ha trovato riscontri ufficiali ma ci sono diverse persone che stando a studi e conoscenze tecniche del caso, hanno rilasciato le proprie dichiarazioni, fra queste quella di un di ingegnere spagnolo esperto di sottomarini.
Parlando con i media ha spiegato che le persone a bordo del Titan potrebbero aver realizzato cosa stava accadendo, seppure per brevi istanti. Per almeno 60 secondi sarebbero stati al buio e proprio in quel lasso di tempo avrebbero capito che qualcosa di terribile stava per succedere.
José Luis Martin, questo il nome dell’ingegnere iberico, ha spiegato che in quel momento stavano colando a picco verso il fondale, precipitando come una freccia, per poi esplodere e depositarsi come in una terribile maledizione, a fianco del transatlantico affondato nel viaggio inaugurale del 1912.
Lì riposano ora i resti del Titan, che proprio come la nave che giace in fondo all’oceano, era stato presentato come sicuro e inaffondabile. Ma la versione dell’ingegnere è considerata attendibile?
Sembrerebbe di sì e a testimoniarlo sono le sue esperienze passate, infatti ha lavorato per anni a bordo dei sottomarini turistici.
“Il Titan ha cominciato la sua caduta quando ha raggiunto i 1.700 metri di profondità ed è imploso sui 2.500 circa. In quei secondi di panico, il comandante ha perso i contatti con la nave Polar Prince che monitorava la discesa. Poi è rimasto senza motore e propulsione per un guasto elettrico, tutti dettagli che hanno contribuito a creare una situazione di agonia, orrore e paura, difficile da immaginare. Deve essere stato come un film dell’orrore”.
In quel periodo di tempo i passeggeri, nella completa oscurità, hanno capito tutto e poi subito dopo c’è stata la morte istantanea a causa dell’implosione. L’ingegnere l’ha paragonata alla foratura di un pallone causata dalla profondità ma anche dall’aumento velocissimo della pressione man mano che il mezzo scendeva.
Una clientela d’elité poteva avere accesso a questi viaggi e in effetti sul Titan c’erano un paio di uomini d’affari e il figlio di uno di questi. Poi chiaramente il pilota e il Ceo. Partiamo da quest’ultimo.
Stockton Rush era il numero uno di OceanGate Expeditions e amava l’avventura. Il suo motto era “Se vuoi essere sicuro che non ti accada nulla, allora non alzarti dal letto”, in riferimento a tutti gli scettici che contestavano la sua società di esplorazioni marittime fondata nel 2009.
Laureato in ingegneria aerospaziale, aveva fondato la società con lo scopo di far progredire la tecnologia dei sommergibili e condurre esplorazioni nelle profondità oceaniche, come appunto per ammirare il Titanic.
Il viaggio non era privo di rischi e nonostante il prezzo esoso, veniva chiesto di firmare liberatorie in cui confermavano di essere consapevoli dei pericoli. C’era poi il pilota francese Paul-Henri Nargeolet, dalla grande esperienza e dalla storia particolare, infatti alcuni parenti della moglie erano morti proprio nel viaggio del Titanic.
C’erano poi i tre turisti, fra cui padre e figlio pachistani, Shahzada e Suleman Dawood. Il ragazzo aveva accompagnato il padre per renderlo felice, però secondo i familiari non voleva andare perché aveva molta paura.
Infine c’era l’avventuriero britannico Hamish Harding, amante delle cose estreme, infatti in passato era stato nello spazio con la società di Jeff Bezos e in Antartide. Questo è stato il suo ultimo gesto fuori dal comune.
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