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Nessuno spinse Tiziana Cantone al suicidio. Il Gip del tribunale di Napoli ha ordinato l’archiviazione per le indagini sull’istigazione al suicidio per il caso della 31enne di Mugnano di Napoli che si tolse la vita il 13 settembre 2016 dopo la diffusione sul web di video privati. La morte della giovane sconvolse l’opinione pubblica, scoperchiando la realtà che si cela dietro il cyberbullismo: la vicenda era complessa dal punto di vista giudiziario e già lo scorso aprile era stata chiesta l’archiviazione delle indagini per cinque persone, di cui quattro denunciate dalla stessa Tiziana Cantone, più il padre di uno di loro. Si tratta delle persone a cui la 31enne aveva inviato alcune sue foto e alcuni video privati di incontri sessuali tra il dicembre 2014 e il gennaio 2015: la donna non aveva mai acconsentito alla diffusione online di sue foto o video e aveva cercato di far rimuovere le immagini dai siti su cui erano stati pubblicati, tra cui Facebook e Youtube.
Il caso di Tiziana Cantone ha portato alla ribalta nazionale il problema del cyberbullismo e della difficoltà di garantire il diritto all’oblio su internet, anche dietro esplicita richiesta da parte dei soggetti interessati. I video della 31enne campana erano arrivati ovunque tramite il web e la loro diffusione capillare era stata la causa del gesto estremo: Tiziana si tolse la vita impiccandosi il 13 settembre 2016, dopo il fallimento di ogni azione legale.
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La vicenda giudiziaria successiva sembrava però destinata a un altro finale. Lo scorso febbraio, dopo mesi di lavoro, i Carabinieri della sezione cyber-crime del Comando Provinciale di Napoli erano riusciti a sbloccare l’iPhone della ragazza, alla ricerca di elementi utili per l’incriminazione di istigazione al suicidio.
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L’inchiesta della Procura diretta da Francesco Greco, con le indagini affidate al sostituto Rossana Esposito, stava da tempo cercando di stabilire se ci fosse qualcuno dietro il suicidio di Tiziana Cantone e l’accusa di istigazione al suicidio aveva permesso di indagare su conoscenti e amici della donna, compresi l’ex fidanzato Sergio Di Palo – che per la madre di Tiziana sarebbe il maggior responsabile – e il consulente informatico Mirko Rivola a cui la giovane si era rivolta nella causa civile intentata contro i siti che avevano pubblicato i video.
[npleggi id=”https://www.nanopress.it/cronaca/2016/09/14/perche-non-abbiamo-mai-parlato-di-tiziana-cantone-prima-d-oggi/145923/” testo=”Tiziana Cantone, quando decidemmo di non partecipare alla gogna mediatica”]
Le indagini però non hanno portato alla luce elementi che potessero incriminare qualcuno e il gip ha dovuto ordinare l’archiviazione del caso. Sul caso ora rimane solo l’indagine che riguarda Di Palo con l’accusa di calunnia: come ricorda Repubblica, la Procura sospetta che sia stato l’ex fidanzato a spingere Tiziana a querelare i cinque conoscenti come responsabili della diffusione dei video.