La morte di Tiziana Cantone, suicidatasi per un filmino hard amatoriale finito sul web, pesa su tutti noi. E non è un modo di dire: tutti noi che abbiamo riso di lei, abbiamo visto il video, sentito le sue parole e l’abbiamo giudicata una poco di buono per un atto sessuale, l’abbiamo aiutata a stringere il foulard intorno al collo. Non le è bastato scegliere di togliersi la vita per non vedersi più presa di mira: a meno di 24 ore dalla sua scomparsa, sul web si sono moltiplicati i video, gli audio, le pagine Facebook a suo nome. Tiziana aveva fatto qualsiasi cosa per il suo diritto all’oblio. Invece, ancora oggi, quotidiani e siti riportano link ai loro articoli in cui parlavano del video, diventato virale, con toni da avanspettacolo: ancora adesso, il suo nome viene usato dalle testate nazionali per fare più click, mentre c’è chi gioisce della sua morte e continua a insultarla.
La sua morte è indicativa della violenza che ogni giorno le donne subiscono in questo paese. Non importa che cosa abbia fatto o detto nel video, del perché o del per come. Era una faccenda privata, che riguardava lei e la persona con cui era che invece, forse per sentirsi più “maschio”, ha pensato di fare quel video che è finito sul web. Non è stato un tam tam tra amici, e anche se lo fosse stato, il livello di schifo non sarebbe cambiato. È stata una gogna mediatica.
Il filmato è finito su Youtube integrale, poi è stato rimosso perché conteneva scene hard, ma è ritornato con diversi montaggio: l’audio, la foto della ragazza, parodie. Chi scrive l’ha visto, nella versione censurata. Me l’hanno mostrato dei ragazzi al mare, a 600 km da casa mia: mi prendevano in giro perché avevo detto a uno di loro “Bravo” e, quando hanno scoperto che non sapevo il perché, mi hanno mostrato il video. Salvato sul telefonino.
Ecco a che livello di diffusione era arrivato il video di Tiziana. Ecco perché non riusciva a liberarsene.
Non è colpa sua se ha vissuto in un paese dove le donne non sono libere di godersi le gioie del sesso che subito vengono indicate come prostitute, per usare un linguaggio decente. Non è colpa sua se, a meno di 24 ore dalla sua morte, il web è ancora pieno di insulti.
Quello che sta facendo il giro del web e che speriamo abbia delle conseguenze reali, è stato scoperto da Selvaggia Lucarelli. L’utente ha preso a insultare Tiziana dalla sua pagina Facebook, rivolgendole gli epiteti più pesanti e le parolacce più oscene, anche attaccando chi, tra i suoi amici, gli faceva notare l’assurdità di quello che scriveva.
Il giovane, musicista di Salerno, potrebbe ora essere denunciato e noi lo speriamo: i leoni da tastiera devono imparare che il web non è un luogo di impunità assoluta e che le parole pesano come macigni nella realtà e online.
Per di più, sul celebre social, sono comparse come funghi pagine a suo nome, con tanto di foto: alcune, subito rimosse, erano nate solo per insultarla, anche da morta.
Altre sono state create con l’intento di omaggiarla, con il solito “Rip” da pulisci-coscienza che il web sfodera a ogni tragedia: inutile dire che anche in quelle pagine ci sono commenti e insulti che meriterebbero di finire in tribunale anche solo per “offesa all’intelligenza umana”.
Fossero solo persone comuni, dal cervello piccolo e l’ego smisurato, che hanno bisogno dei loro 10 minuti di celebrità, ci si potrebbe passare sopra. Invece è la mentalità comune contro le donne che ha reso possibile tutto questo. Ci meravigliamo poi che un intero paese si schieri dalla parte degli stupratori seriali di una ragazzina di 13 anni?
Nessun diritto all’oblio per una donna che ha fatto del sesso senza vergognarsene e che ha fatto un solo errore: fidarsi delle persone sbagliate.
Oggi, la prima pagina di Youtube sotto il suo nome ha almeno 20 video, molti dei quali hanno ancora pezzi del video originale e che, per di più, sono introdotti dalla pubblicità. Su eBay sono comparse magliette e gadget con la frase del video incriminata sotto la dicitura “idee regalo divertenti”. Per anni, qualcuno si è arricchito alle sue spalle e continua a farlo anche sulla sua morte.
Tra questi ci sono i big del web che le hanno negato la cancellazione del suo nome dalla rete, dopo aver fatto soldi sulla sua vicenda. Quando pubblichiamo qualcosa su Facebook non lo sappiamo ma diamo a un tribunale della California il potere di renderlo pubblico o no.
Oggi, alcuni quotidiani online riportano la notizia della sua morte e sotto, bello in evidenza, “il video a luci rosse”. Lo ha fatto Libero, tra gli altri, con un link che rimanda a una gallery e al “pezzo” fatto tempo fa sul video, che si concludeva con un sospetto: non è che tutta la vicenda era solo un modo per farsi strada nel mondo del porno?
Una bugia, ripetuta mille volte, diventa una verità. Così, oggi è quello che molti scrivono di Tiziana sul web, dandole la colpa e insinuando che fosse un modo per diventare una pornostar. Se volevamo dimostrare di essere tutti colpevoli della sua morte, lo abbiamo fatto in un modo eccellente.