Totò Riina è in fin di vita e qualcuno vorrebbe consentirgli di tornare a casa per morire nel suo letto. Scarcerare Totò Riina è un errore e vi spiegherò perché. Non faccio parte della schiera dei revanscisti che vogliono vedere Riina morire in carcere come vendetta per il male che ha compiuto. I sentimenti belluini li lascio a forme di vita meno evolute, io mi limito a constatare alcuni fatti.
Chiariamo subito un punto: la Cassazione non ha dato l’ok alla scarcerazione di Riina, ma ha semplicemente annullato con rinvio la decisione del tribunale di sorveglianza per difetto di motivazione. Insomma serve un’altra sentenza scritta meglio. Ma questo ha già acceso gli animi dei buonisti.
La penso come il Procuratore Nazionale Antimafia Franco Roberti secondo il quale ‘Totò Riina deve continuare a stare in carcere e soprattutto rimanere in regime di 41 bis’. Roberti smentisce chi minimizza il ruolo di Riina nella mafia siciliana: ‘Siamo perfettamente in grado di dimostrare il contrario. Abbiamo elementi per smentire questa tesi. E per ribadire che Totò Riina è il capo di Cosa nostra’. Punto. E per puro dovere di cronaca va specificato prima di tutto che Bernardo Provenzano fu lasciato morire in stato di detenzione, e stava pure peggio di Riina.
Totò Riina non deve lasciare il carcere di massima sicurezza per due motivi.
Il primo è meramente simbolico: Totò Riina è idolatrato come un’icona dai mafiosi e dai filo-mafiosi. Riina che muore in una struttura di detenzione è l’atto finale di una liturgia nella quale lo Stato decide di avere l’ultima parola su una guerra che non è ancora finita. Si tratta anche di un monito per tutti i picciotti e aspiranti tali: il destino di un mafioso è un vicolo cieco, accomodatevi pure.
Il secondo motivo è pratico: finché avrà un solo alito di vita Totò Riina rimarrà un pericolo pubblico. Riina non si è mai pentito e non ha mai smesso di impartire ordini dal carcere. Attualmente Sonia Alfano e Nino Di Matteo, solo per citare due italiani coraggiosi, vivono sepolti vivi, guardati a vista dalle rispettive scorte a causa degli anatemi di morte scagliatigli addosso da Riina.
Già oggi il regime del 41 bis soffre fughe di informazioni dovute a falle nei sistemi di sicurezza. Cosa succederebbe se Riina venisse trasferito a casa sua o in una struttura sanitaria dalla sicurezza non adeguata? Quanto sarebbe facile accostarsi al padrino per porgli una domanda in codice alla quale egli potrebbe rispondere alla siciliana con un semplice schiocco di lingua? Quanto sarebbe facile per un mafioso avvicinare un infermiere e costringerlo a tenere alcuni comportamenti pilotati in risposta a determinati quesiti (per esempio ‘se il padrino ha detto SI domani a mezzogiorno vai a casa tua e stendi un asciugamano bianco, se ha detto NO stendi un asciugamano marrone’)?
Nella parte sana della Sicilia il nome di Totò Riina suscita solo rabbia e conati di vomito. Ma per lo zoccolo duro dei minus habens che tifano contro lo Stato (e ce ne sono ancora troppi) Totò Riina è un personaggio romantico e affascinante, un moderno martire alla Che Guevara. Frequentare i suoi luoghi, accreditarsi come persona di fiducia anche solo perché si accompagnano i parenti a visitarlo attraverso un vetro, significa acquisire prestigio e onore. Poterlo avvicinare ancora di più lascerebbe campo libero alla millanteria di chi vorrebbe accreditarsi come ultimo confidente del padrino.
Nessuno di noi lancerebbe una granata in una stanza, se avesse anche solo il sospetto di avere appena lo 0,01% di probabilità di uccidere qualcuno. Allo stesso modo se esiste una recondita possibilità che Riina possa ordinare un omicidio alzando un sopracciglio, ebbene egli deve restare in regime di massima sicurezza. La salute dei cittadini è un bene superiore ad un presunto diritto di Riina di morire fra le lenzuola di casa. Lenzuola di pizzo, visto il personaggio.
Concludo con le parole che Sonia Alfano ha affidato a un post su Facebook: ‘Vorrei dire a coloro i quali inneggiano alla scarcerazione di Riina, che lo stragista in argomento vive già dignitosamente in un carcere e non gli manca nulla. Persino l’aria condizionata in cella e vi assicuro che tanti altri detenuti non hanno questi optional […] E se pensiate che non conta più nulla, beh vi siete nuovamente sbagliati. Vivo sotto scorta da oltre 5 anni e negli ultimi tre il mio dispositivo è stato innalzato quasi ai massimi livelli. Riina è stato intercettato in cella dalla Dia mentre rassicurava un altro boss che era tutto pronto per me, che erano pronti i cioccolatini (proiettili) per Sonia Alfano.. ha continuato dicendo che parlo troppo e che so troppo sui servizi segreti. E che lui avrebbe provveduto subito. Da allora vivo h24 con quattro uomini armati e 2 auto blindate. Parlate di scarcerazione alle mie figlie che hanno letto la mia condanna a morte. Ditelo a noi che siamo costrette a vivere la nostra vita dietro i vetri oscurati di un’auto blindata. Umiliateci ancora una volta, lui libero e noi detenute dallo Stato per proteggerci dalla stessa belva che adesso vuole libera’.
Non può esistere pietas per un nemico che non ha mai abbandonato le armi, nell’interesse stesso delle persone che vogliamo difendere.