Qualche giorno fa il segretario di Stato americano Mike Pompeo, in un discorso pronunciato simbolicamente a Yorba Linda, in California, presso la Biblioteca presidenziale di Nixon – il presidente che nel 1972, con uno storico viaggio a Pechino, diede avvio al processo di distensione tra Stati Uniti e Repubblica Popolare Cinese – ha definito la Cina di Xi “una nuova tirannia” e ha esortato “il mondo libero” a trionfare su di essa, rompendo definitivamente con la strategia di avvicinamento inaugurata quasi mezzo secolo fa dall’allora presidente americano Richard Nixon. Un appello duro ed inequivocabile quello di Pompeo, che si inserisce nella generale escalation delle tensioni tra Stati Uniti e Cina, di cui la crisi dei consolati rappresenta solo l’ultimo episodio.
La scorsa settimana Washington ha intimato a Pechino la chiusura del consolato cinese a Houston, in Texas, motivando la decisione con la volontà di “proteggere gli americani e la proprietà intellettuale americana”. Pompeo ha infatti accusato il Partito comunista cinese di essersi servita di spie al fine di rubare “segreti scientifici e medici americani”. Per tutta risposta, Pechino ha ordinato la chiusura del consolato statunitense di Chengdu, nella provincia di Sichuan, confinante con la problematica Regione Autonoma del Tibet.
La reciproca chiusura delle sedi diplomatiche testimonia un crescendo piuttosto preoccupante delle tensioni tra Stati Uniti e Cina, già rinfocolate nei mesi precedenti da tutta una serie di eventi e circostanze: dalle accuse di Trump nei confronti di Pechino a proposito della diffusione della pandemia di coronavirus, alla recente presa di posizione di Washington sull’applicazione cinese Tik Tok, considerata come Huawei un potenziale strumento di spionaggio nelle mani del Partito comunista cinese, alla ferma condanna da parte statunitense della repressione cinese ad Hong Kong.
I rapporti tra Stati Uniti e Cina si fanno dunque sempre più difficili: diversi osservatori ed analisti parlano di nuova Guerra Fredda tra Pechino e Washington. Una guerra combattuta sinora sul terreno economico-commerciale, ma che, date le premesse, in mancanza di un deciso cambio di rotta rischia di degenerare in conflitto aperto. Cambio di rotta tutt’altro che scontato anche in caso di elezione alla Casa Bianca del democratico Joe Biden. L’orientamento anti-cinese è infatti trasversale all’intera classe politica americana, con democratici e repubblicani d’accordo nel considerare la Cina una minaccia per la sicurezza degli Stati Uniti.
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