“La Campania è ormai satura e non serve neanche più a sversare i rifiuti tossici“. Dev’essere più o meno questo quello che hanno pensato gli imprenditori italiani, principalmente del Nord (se non altro perché di imprese al Sud non ce ne stano poi tante), da quando si sono accesi i riflettori sulla terra dei fuochi e sulla strage che proprio quei rifiuti stanno creando. Loro, sempre gli imprenditori del Nord in accordo con i camorristi, avrebbero – per la verità – continuato a utilizzare quella che un tempo fu la Campania Felix per smaltire illegalmente i loro rifiuti, pur sapendo le gravi conseguenze che questo crimine stava causando. Ma ormai l’attenzione mediatica è troppa e il rischio di essere scoperti è davvero alto.
Non sarà, quindi, giunto il momento (finalmente!) di smaltire i rifiuti regolarmente? “Proprio ora che c’è la crisi?”, si devono essere domandati sempre quegli stessi imprenditori. Smaltire i rifiuti, tossici e non, in modo legale è possibile – bisogna chiarirlo e ricordarlo – solo che costa un bel po’ in più!
“Cosa c’è più a sud di Napoli?”, si saranno allora chiesti dal varesotto. “La Basilicata!”, avranno risposto dalla Brianza. Ma in Basilicata ora ci sono le imprese (sempre del nord: perché il petrolio è in Basilicata, ma gli appalti per l’estrazione ce li hanno inspiegabilmente le imprese del nord, che poi assumono i giovani meridionali emigrati al nord e li rimando per loro conto a lavorare al sud) che si stanno prendendo il petrolio e non conviene andare a mettersi in concorrenza. Che fanno: i milanesi si prendono il petrolio e bergamaschi ci mettono la monnezza? L’idea non deve essere molto piaciuta.
“La Puglia allora? Andiamo in Puglia!”, deve aver proposto qualcun altro. “Ma in Puglia, con il casino dell’Ilva va a finire che ci scoprono e poi dobbiamo metterci a cercare un altro posto. Meglio andare in Calabria”. “E Gratteri? – avrà replicato qualcuno – Quello è bravo, va a finire che lo viene a sapere e si mette ad indagare: noi volevamo togliercelo dalle palle facendolo fare Ministro, ma niente…è rimasto ancora alla DDA di Reggio Calabria“. “In Sicilia, con tutta quella costa, abbiamo dove far arrivare le navi, nessuno ci controlla: a sto punto andiamo direttamente in Sicilia!” Forse ci avranno pure provato gli imprenditori, sempre quelli del Nord, ma poi la Mafia si deve essere opposta: “E se voi ci mettete i rifiuti nei campi, noi dei morti ammazzati che ne facciamo?”.
E così gli imprenditori devono aver pensato che hanno proprio ragione quelle migliaia di ragazzi che si trasferiscono all’estero: “In Italia non si riesce proprio più a lavorare!”. Quindi sono emigrati anche loro e hanno spedito (sempre illegalmente eh) i loro rifiuti tossici oltre il mediterraneo. In africa.
L’operazione Clean up, avviata a giugno 2012 e coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Bologna, ha infatti portato alla luce un vasto traffico di rifiuti tossici e nocivi, provenienti da tutta Italia, con crocevia Modena e diretti a Genova per essere imbarcati verso l’Africa, in particolare Nigeria e Ghana. Il Comando della Guardia di Finanza modenese ha quindi arrestato quattro persone e ne ha denunciate 41, oltre ad aver sequestrato quattro siti di stoccaggio in Emilia Romagna, nei quali venivano sversati materiali tecnologici obsoleti (monitor, pc, stampanti), oltre a migliaia di elettrodomestici, autovetture demolite e radiate dal Pra, batterie per veicoli esauste, estintori, pneumatici per auto.
Per superare i controlli doganali al porto di Genova, l’organizzazione criminale aveva costituito due Onlus (una di queste due pare abbia effettuato oltre 1.000 spedizioni solo nel periodo tra il 2010 e il 2013) per garantire una copertura formale ai traffici e trasportatori, spedizionieri doganali, facchini, gruisti e altre figure professionali, avvalendosi delle proprie strutture aziendali, spedivano verso l’Africa tonnellate di rifiuti speciali e pericolosi, stipati all’interno di container.
La stessa indagine ha portato all’arresto, nel Veronese, di una persona che aveva il compito di “spedizioniere”. Questi si preoccupava, cioè, di creare i documenti necessari alla spedizione di rifiuti una volta arrivati a Genova per garantire il passaggio finale, quello relativo all’export. Oltre allo “spedizioniere”, sarebbero state fermate o arrestate altre tre persone, membri, non si sa con quale ruolo, dell’organizzazione.
Grande assente di questa operazione criminale, del tutto simile a quella che è avvenuta per anni con destinazione la Campania, è proprio la camorra, dimostrando così che quello dei rifiuti è soprattutto un delitto d’impresa, come lo ha definito il Procuratore Nazionale Antimafia Franco Roberti. Un crimine dove la camorra è colpevole in quanto braccio armato, ma i veri mandanti (anche se decisamente meno coinvolte nelle inchieste dell’autorità giudiziaria) erano e continuano a essere le imprese: quelle del Nord che denigra il Sud perché è solo monnezza e camorra.