La Procura di Verbania ha chiuso l’inchiesta sulla tragedia del Mottarone, in vista della richiesta di processo per 8 indagati.
Nell’incidente avvenuto il 23 maggio 2021 persero la vita 14 persone. L’unico che è riuscito a salvarsi è stato il piccolo Eitan, cinque anni all’epoca dei fatti, che nella tragedia perse entrambi i genitori e il fratellino di due anni. Per i pm che si occupano dell’inchiesta ci sarebbero stati mancati controlli sulla fune che trainava la cabina precipitata e falsificazioni nel registro.
A poco meno di due anni dalla tragedia de Mottarone, costata la vita a 14 persone, la Procura di Verbania ha chiuso le indagini. Sono otto gli indagati, per i quali è stata avanzata la richiesta di processo. La tragedia si verificò il 23 maggio del 2021, quando una cabina dell’impianto a fune di Stresa precipitò nel vuoto, provocando la morte di 14 persone. L’unico sopravvissuto è stato il piccolo Eitan, cinque anni all’epoca dei fatti, che nell’incidente perse la madre Tal Peleg, 26, il papà Amit Biran, 30 anni, e il fratellino Tom, di appena 2 anni.
L’avviso di conclusione indagini è stato inviato, oltreché alle due società, a Gabriele Tadini, capo servizio, Enrico Perocchio, direttore d’esercizio, Luigi Nerini, titolare della Ferrovie del Mottarone, Martin Leitner, consigliere delegato, Leitner, incaricata della manutenzione, Peter Rabanser, responsabile del Customer Service e Anton Seeber, presidente del Consiglio di amministrazione.
Si ipotizza invece l’archiviazione per altri sei tecnici esterni. I reati contestati a vario titolo agli otto imputati sono lesioni colpose gravissime, disastro colposo, omicidio plurimo colposo, rimozione o omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, attentato alla sicurezza dei trasporti, e solo per Perocchio e Tadini anche il falso.
La procura ipotizza un “mancato controllo sul tratto di fune traente in prossimità del punto di innesto al carrello (testa fusa). Secondo la Procura, se fossero stati effettuati i dovuti controlli, sarebbero stati rilevati “i segnali di degrado della fune e quindi si sarebbe proceduto alla sostituzione della stessa”.
Dai rilievi invece è emerso che la fune si è deteriorata fino a rompersi in corrispondenza della testa fusa “punto in cui la fune presentava il 68% circa dei fili superfici di frattura”. Il crollo della cabina della funivia è avvenuto in conseguenza dello strappo della fune traente, e senza che i freni d’emergenza si azionassero, perché bloccati dai ‘forchettoni’ precedentemente inseriti.
A Tadini e Perocchio viene contestato anche il reato di falsificazione di atto pubblico: secondo i pm, Tadini non avrebbe segnalato un “episodio di accavallamento della fune traente sulla fune portante” registrato due mesi prima della tragedia, il 18 marzo 2021 per l’esattezza, e non avrebbe annotato i plurimi “episodi di perdita di pressione del circuito idraulico della cabina n.3″. Secondo i pm, l’episodio del 18 marzo era noto a Perocchio, che era tenuto a firmare il registro giornale almeno una volta al mese.
Sono cinque le famiglie coinvolte nella tragedia del Mottarone, tre delle quali residenti in Lombardia, una in Calabria e una in Emilia-Romagna.
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