[didascalia fornitore=”altro”]Trapianto di fegato/Pixabay[/didascalia]
Esistono diverse patologie e condizioni cliniche che possono condurre alla necessità di effettuare un trapianto. Nel caso di un trapianto di fegato, sopravvivenza, aspettativa di vita e possibili complicanze, quali sono? Si tratta di un argomento variegato e complesso, pertanto è fondamentale partire dalle ‘basi’: innanzitutto il trapianto di fegato è un intervento chirurgico tramite il quale viene esportato un fegato malato, per sostituirlo con uno sano. Si tratta di un’operazione complessa che può durare fino a 12 ore e che nella maggior parte dei casi consente di recuperare una buona qualità della vita. Il primo trapianto di fegato risale al lontano 1963: fu eseguito da Thomas E. Starzl a Denver Colorado, tuttavia il primo che ebbe successo, anche se per un breve periodo, fu effettuato nel 1967. Mentre il primo trapianto di fegato in Italia risale al 20 maggio 1982: fu eseguito al Policlinico Umberto I dell’Università di Roma ‘La Sapienza’, dal Prof. Raffaello Cortesini e la sua équipe. Dopo questa breve introduzione, entriamo nel vivo del trapianto di fegato, delle indicazioni all’operazione, delle percentuali di sopravvivenza e delle questioni legate all’invalidità.
Esistono, per il trapianto di fegato, indicazioni all’intervento specifiche, che sostanzialmente stabiliscono le situazioni patologiche, per le quali diventa necessario sottoporsi a tale operazione. Vediamo dunque, nel dettaglio le principali patologie per le quali è indicato un trapianto di fegato:
Esistono tuttavia anche delle ‘controindicazioni’ al trapianto di fegato, che possiamo riassumere principalmente nei seguenti punti:
Le indicazioni, così come le controindicazioni al trapianto di fegato sono solitamente comuni per tutti gli ospedali italiani, tuttavia i vari istituti possono apportare talune modifiche a quanto illustrato sinora. In ogni caso, quando ci si trova a dover seguire un iter del genere, il personale medico specializzato è tenuto a illustrare l’intero percorso al paziente coinvolto.
Uno degli ostacoli più grandi per un trapianto di fegato sono i tempi d’attesa: la ragione, in realtà, è la medesima per qualsiasi tipologia di trapianto e consiste nella scarsa disponibilità di organi, inevitabile conseguenza della mancanza di un numero sufficiente di donatori. Proprio per questo nel corso degli anni si è fatto ricorso ai trapianti da vivente: il fegato infatti, è un organo che si rigenera, quindi può essere ‘parzialmente donato’. L’iter prevede che tutti i pazienti ritenuti idonei per il trapianto di fegato, a seguito di un considerevole numero di esami e accertamenti, vengano inseriti nella lista nazionale delle persone in attesa di organi: da quel momento, in qualsiasi momento, il paziente può essere contattato perché si è reso disponibile un fegato compatibile. Naturalmente, in cima alla lista si trovano i pazienti che versano in condizioni particolarmente critiche e sono maggiormente in pericolo di vita.
Può essere eseguito in due modalità differenti, il trapianto di fegato: da donatore vivente o da donatore deceduto. Nel momento in cui si rende disponibile un organo, l’ospedale contatterà il primo paziente della lista trapianti, il quale si dovrà recare presso la struttura nel minor tempo possibile (1-2 ore), per prepararsi all’intervento. Nel caso di donatore vivente, entrambi i soggetti verranno operati contemporaneamente, mentre in caso di organo proveniente da donatore deceduto, l’intervento avverrà soltanto sul paziente, non appena l’organo arriverà in ospedale. L’intervento di trapianto di fegato può durare dalle 6 alle 12 ore. Dopo l’intervento chirurgico, la maggior parte dei pazienti rimane ricoverata in ospedale per un periodo massimo di tre settimane.
Naturalmente, come accade per tutti i tipi di trapianti, esistono anche per il trapianto di fegato, complicanze possibili durante l’intervento. La complicanza maggiore è legata all’eccessiva perdita di sangue (che comporta la necessità di trasfusione di numerosi litri di sangue), che in alcuni casi può pregiudicare la possibilità di effettuare il trapianto d’organo e in situazioni più severe può condurre anche al decesso. Il rischio rimane tuttavia molto basso, le complicazioni maggiori insorgono solitamente nel post trapianto.
Il post trapianto di fegato è senza dubbio la fase più delicata, in cui può manifestarsi una molteplicità di complicazioni. Le 72 ore successive all’intervento sono decisive per poter determinare la buona riuscita dell’operazione, tuttavia superato il delicato momento, si apre per il paziente uno scenario di vita completamente nuovo. La maggior parte dei problemi insorge a causa della costante e inevitabile assunzione di farmaci immunosoppressori, i quali hanno lo scopo fondamentale di impedire che il sistema immunitario aggredisca l’organo trapiantato, tuttavia allo stesso tempo, espongono l’organismo a numerosi rischi. Vediamo di seguito le principali complicanze di un post trapianto di fegato:
Il rigetto nel trapianto di fegato è senza dubbio la complicanza più grave, poiché se non gestibile, può condurre al decesso del paziente. Si parla di rigetto quando il sistema immunitario non è in grado di riconoscere l’organo trapiantato come ‘proprio’ e lo aggredisce come se fosse un qualunque corpo estraneo. La maggior parte dei casi di rigetto avviene entro il primo anno dal trapianto, trascorso tale periodo, i rischi diminuiscono nettamente, tanto che i controlli in ospedale si riducono a una volta all’anno. Vediamo dunque, sinteticamente i principali sintomi del rigetto:
Una volta superato l’intervento e il primo anno di ‘nuova vita’ (il più complicato e delicato in assoluto), in caso di trapianto di fegato, l’aspettativa di vita quale può essere? Attualmente i dati mostrano risultati incoraggianti: nel periodo temporale 1995/2000, la percentuale di sopravvivenza al primo anno dal trapianto è stata del 79%, al terzo anno del 73% e al quinto del 67%. I dati risultato ancora migliori nei pazienti che hanno ricevuto un organo da donatore vivente.
E’ possibile chiedere l’invalidità dopo il trapianto di fegato? Assolutamente sì, qualora non ne foste già in possesso prima dell’operazione, in quest’ultimo caso è possibile chiedere un aggravamento delle condizioni e quindi un innalzamento delle percentuali dell’invalidità, ai sensi dell’art. 11 della legge 24 dicembre 1993, n° 537 e del relativo regolamento. Vi basterà presentare la domanda all’INPS, tramite l’invio di un documento telematico, che dovrà essere redatto dal medico di base. Alla domanda dovrete allegare:
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