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Categories: Salute

Trapianto di polmone: sopravvivenza, aspettativa di vita e possibili complicanze

[didascalia fornitore=”altro”]Polmoni/Pixabay[/didascalia]

Trapianto di polmoni, esiste? Ebbene, se qualcuno ancora se lo sta domandando, il trapianto di polmone esiste da almeno 4 decenni e oggi mostra risultati decisamente incoraggianti. Riguardo al trapianto di polmone, sopravvivenza, aspettativa di vita e possibili complicanze, sono i grandi dubbi che attanagliano coloro che si trovano nelle condizioni di dover affrontare questo importante intervento chirurgico salvavita. In questo articolo cercheremo di chiarire tutti i punti fondamentali del percorso che un paziente affetto da gravi patologie polmonari deve perseguire per entrare nelle liste d’attesa per il trapianto d’organo e poi sottoporsi all’operazione chirurgica. Il trapianto di polmone è un’operazione delicata, che può comportare l’asportazione di un solo polmone, oppure di entrambi in caso di particolari patologie. La donazione può avvenire esclusivamente da donatore deceduto e perché l’intervento abbia un buon esito è necessario che non trascorrano più di 7-8 ore da quando la circolazione polmonare si interrompe nel donatore e riprende sul ricevente. Andiamo dunque ad affrontare sopravvivenza, aspettativa di vita, complicanze post trapianto di polmone.

Trapianto di polmone: indicazioni all’intervento

Per il trapianto di polmone, le indicazioni all’intervento sono principalmente le seguenti:

– Malattie Croniche Ostruttive, quali PBCO, enfisema con o senza deficit alfa – 1 antitripsina;
– Fibrosi polmonare primitiva e secondaria Sarcoidosi;
– Bronchiectasie;
– Fibrosi cistica;
– Ipertensione polmonare primaria e secondaria;
– Patologie rare quali Linfangioleiomatosi e Istiocitosi X.

Inoltre devono sussistere i seguenti parametri:

– Nessuna alternativa terapeutica;
– Stabilità sociale e psichiatrica;
– Età inferiore ai 60-65 anni;
– Scarsa qualità di vita, forte motivazione.

Per il trapianto di polmone esistono anche numerose controindicazioni. Ve ne sono alcune assolute, che escludono in maniera totale la possibilità di essere sottoposti all’operazione:

– Abuso di droghe;
– Fumatori;
– Mancata osservanza al piano terapeutico;
– Insufficienza di altri organi per esempio fegato, reni (per trapianto di polmone singolo);
– Infezioni sistemiche non gestite;
– Neoplasie (con recidive inferiori ai 2 anni);
– Obesità morbosa;
– Malattia coronarica o riduzione della funzionalità del ventricolo sinistro.

Poi si annoverano diverse controindicazioni relative:

– Colonizzazione da B. cepacia senza una terapia antibiotica;
– Diverticolosi;
– Età superiore ai 60 anni;
– Obesità (IMC>27 Kg/m2);
– Ventilazione assistita con sedazione;
– Scarsa funzionalità muscolare;
– Ritrapianto;
– Grave osteoporosi con fratture multiple della colonna vertebrale;
– Malattie sistemiche.

Prima di poter essere inserito nelle liste di attesa per trapianto di polmone, il paziente dovrà essere sottoposto a un ricovero della durata di 15 giorni, durante il quale saranno eseguiti numerosi accertamenti, al fine di verificare l’idoneità al trapianto e quindi l’assenza di possibili controindicazioni. La valutazione pre-trapianto include non soltanto esami clinico-strumentali, ma anche lo studio della storia clinica del paziente, l’esame medico obiettivo, nonché un approfondimento psicologico. Una volta valutata l’idoneità all’intervento di trapianto di polmone, il paziente viene inserito nelle liste d’attesa e solo da quel momento inizia il ‘conto alla rovescia’. Purtroppo, attualmente, per il trapianto di polmone, i tempi di attesa si aggirano intorno a 1-2 anni, un tempo ancora troppo lungo, considerate le condizioni cliniche dei pazienti che vengono inseriti nelle liste per i trapianti d’organo.

Trapianto di un polmone da donatore deceduto

Il trapianto di polmone o entrambi i polmoni è un’operazione chirurgica salvavita che consiste nell’asportare uno o due polmoni malati, per sostituirli con uno o due polmoni prelevati da donatore deceduto. Il trapianto di polmone infatti, può essere eseguito soltanto grazie a un organo donato da una persona deceduta. Durante l’operazione, quando viene esportato l’organo malato, il paziente continua a essere ventilato grazie all’utilizzo dell’altro polmone. La circolazione extracorporea viene impiegata soltanto nel caso in cui il polmone rimanente non è in grado da solo di effettuare un adeguato scambio gassoso.

Esistono alcune patologie per le quali è invece previsto il trapianto polmonare bilaterale: è il caso ad esempio di pazienti affetti da Fibrosi Cistica, bronchiectasie ed enfisema da deficit di alfa1 antitripsina. Il trapianto di polmone bilaterale, che prevede l’asportazione di entrambi i polmoni (in tempi separati), viene eseguito tramite un’ampia incisione che si estende, nella regione sotto-mammaria, da destra a sinistra.

I primi esperimenti di trapianto polmonare risalgono agli anni ’40, poi sono seguiti due decenni di ricerche e studi, mentre il primo trapianto di polmone è stato eseguito dal dottor James Hard, nel giugno del 1963, presso l’ospedale universitario del Mississippi. L’operazione fu eseguita su di un certo John Richard Russell, un assassino, che dopo l’intervento sopravvisse soltanto 18 giorni. I successivi tentativi non portarono a risultati migliori, sino agli inizi degli anni ’80, quando venne introdotta la terapia immunosoppressiva con ciclosporina e le tecniche chirurgiche iniziavano a evolversi. Il primo trapianto di polmone con esito positivo risale al 1981 e fu eseguito dal Dottor Bruce Reitz della Stanford University. La paziente, che fu trapiantata contemporaneamente anche di cuore, era una donna affetta da ipertensione polmonare idiopatica. Sono seguiti, per mano del Dottor Joel Cooper, il primo trapianto a lungo termine di solo un polmone nel 1983, il primo trapianto a lungo termine di entrambi i polmoni nel 1986 e il primo trapianto a lungo termine di entrambi i polmoni su un paziente con fibrosi cistica nel 1988. Da allora la frequenza annuale di trapianti di polmone nel mondo si aggira intorno ai 2.000 interventi, nel nostro Paese, nel 2016 ne sono stati eseguiti 147 (con un incremento significativo: erano 17 nel 1992, e poi 126 nel 2014).

Trapianto di polmone: sopravvivenza

In caso di trapianto di polmone, la sopravvivenza qual è? I dati in circolazione evidenziano una sopravvivenza a cinque anni superiore al 60%, percentuale che scende al 40% a dieci anni dal trapianto. Inoltre, nei primi 90 giorni dal trapianto di polmone, la mortalità è piuttosto elevata e si aggira intorno al 15%. Le principali cause di morte a un anno dal trapianto sono il rigetto cronico e le infezioni.

Per quanto riguarda invece i pazienti affetti da fibrosi cistica, una delle patologie genetiche per cui viene effettuato più frequentemente un trapianto polmonare bilaterale, la sopravvivenza dopo l’operazione, secondo alcuni recenti studi, mostra percentuali differenti in base all’età del paziente: a 5 anni dall’intervento nei soggetti pediatrici è del 57%, mentre nei soggetti adulti è del 67%.

Il rigetto nel trapianto di polmone, come per il trapianto di cuore, fegato o rene, è certamente la complicanza più importante, che necessita di un intervento tempestivo, affinché l’organo non venga del tutto compromesso e la vita del paziente non venga esposta al rischio di decesso. E’ doveroso tuttavia fare alcune precisazioni, poiché non tutti i rigetti sono uguali e non tutti presentano la medesima gravità. I rigetti d’organo si possono suddividere principalmente in tre gruppi:
Rigetto iperacuto: evento raro, che si verifica immediatamente dopo il trapianto.
Rigetto acuto: può verificarsi in qualsiasi momento. I sintomi principali sono: febbre, riduzione della saturazione di ossigeno nel sangue, alterazioni radiologiche. Spesso però il rigetto rimane silente a lungo, proprio per questo è molto importante effettuare controlli periodici, per evidenziare eventuali anomalie, prima ancora che si siano manifestati i sintomi. In caso di trapianto di polmone, l’esame elettivo di controllo per scoprire il rigetto è rappresentato dalla biopsia trasbronchiale in sedazione. Tali biopsie vengono effettuate una volta al mese per i primi tre mesi, poi si passa al sesto, dodicesimo, diciottesimo mese e quindi ogni sei/otto mesi. Il trattamento antirigetto consiste solitamente nella somministrazione di cortisone per via venosa ad alte dosi, per tre giorni consecutivi.

Rigetto cronico: si manifesta a distanza di tempo e non è reversibile. Si parla di rigetto cronico in presenza di danni irreversibili a carico del tessuto polmonare, provocati da un’anomala risposta immunologica. In questi casi la prestanza dell’organo viene più o meno parzialmente pregiudicata. Nei casi più gravi può condurre, nel tempo, alla necessità di un nuovo trapianto. Il ruolo dei farmaci immunosoppressori è pertanto cruciale nella gestione della risposta immunitaria nei confronti dell’organo ‘ospite’. Il controllo elettivo che consente di monitorare la presenza di un rigetto di tale natura è rappresentato dalla spirometria.

Il trapianto di polmone può portare anche ad altri tipi di complicazioni, vediamo schematicamente di seguito, le principali:

Infezioni polmonari: il rischio è quello di contrarre tutte quelle infezioni che solitamente colpiscono i soggetti immunodepressi quali ad esempio polmoniti batteriche, virali (in particolare da Cytomegalovirus), da Pneumocystis carinii (PCP) e fungine (da Candida albicans e Aspergillus);
Problemi renali: un numero considerevole di pazienti sviluppa problemi renali anche diversi anni dopo il trapianto, come effetto della terapia continuativa con le ciclosporine e talvolta per abuso di FANS;
Ipertensione: quasi la metà dei trapiantati di polmone sviluppa ipertensione, come effetto della terapia immunosoppressiva;
Diabete: è una complicazione dovuta all’assunzione massiccia di cortisone e dei farmaci anti-rigetto;
Neoplasie: in qualità di pazienti immunocompromessi i trapiantati di polmone sono esposti al rischio di sviluppare tumori della pelle e linfomi;
Osteoporosi: anche in questo caso, la ragione è da ricercare nella terapia immunosoppressiva costante, ma è influenzata anche da altri fattori, come l’età del paziente trapiantato e la condizione del metabolismo osseo pre-trapianto.

Invalidità dopo il trapianto di polmone

Come funziona l’invalidità dopo il trapianto di polmone? Nella maggior parte dei casi, quando un soggetto viene sottoposto a trapianto d’organo vive gli anni immediatamente precedenti all’operazione in condizioni cliniche e sociali disagevoli, per cui solitamente fa richiesta e ottiene una percentuale variabile di invalidità civile. Nello specifico, per i pazienti che affrontano il trapianto di polmoni per fibrosi cistica, la percentuale di invalidità va dall’80% al 100%, con concessione della legge 104. Se la commissione ha emesso una verbale non rivedibile, tale percentuale rimarrà invariata anche dopo il trapianto.

Beatrice Elerdini

Beatrice Elerdini è stata una collaboratrice di Nanopress dal 2014 al 2019, occupandosi di cronaca e attualità. Degli stessi argomenti ha scritto su Pourfemme dal 2018 al 2019.

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