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La mafia aveva intenzione di uccidere l’ex ministro della Difesa, Salvo Andò. E’ quanto riferito dal collaboratore di giustizia, Angelo Siino, che sta deponendo in videoconferenza al processo sulla presunta tratattiva Stato-mafia, in corso nell’aula bunker del carcere Ucciardone di Palermo. La circostanza sarebbe stata appresa da Siino nel corso di un incontro con il boss catanese Aldo Ercolano. “Subito dopo la strage di Capaci – è il racconto di Siino – Andò si professava amico di Falcone ed era molto critico nei confronti di quello che era avvenuto. Ercolano diceva che bisognava ammazzarlo perchè questi signori, a cominciare da Martelli (l’ex ministro della Giustizia, ndr), si erano ‘fottuti’ i voti e si erano messi a tirare calci ‘come gli scecchi fausi’ (asini che non lavorano, ndr)“.
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Siino poi aggiunge: “Ercolano mi disse però che il padre, reggente del mandamento di Catania, era contrario a qualsiasi tipo di azione nei confronti di Andò“. Il pentito spiega comunque di non avere mai comosciuto personalmente Andò: “Ercolano, passando da un capannone a Catania, mi disse: ‘Quì è venuto l’onorevole Andò a raccomandare la questione socialista’“.
Tra il 1994 e il 1995 si andò vicini alla cattura del boss Bernardo Provenzano. Lo ha riferito il collaboratore di giustizia. Siino ha riportato un episodio che lo ha visto protagonista ad Aspra, in provincia di Palermo: “Eravamo lì con il colonnello Meli, che mi portava in giro per indicargli i luoghi in cui avevo visto Provenzano, andammo anche in provincia di Enna e Caltanissetta. A un certo punto vidi Provenzano in un’auto con Carlo Guttadauro e dissi: ‘E’ lui’. Ma Meli si ‘impappinò’ nel fare la manovra con l’auto per seguirli. Non fu svelto, non so se per caso o perchè non fu svelto, e così Guttadauro e Provenzano si allontanarono. Provenzano – ancora il racconto di Siino – aveva al collo il solito fasciacollo bianco, lo stesso che aveva quando fu catturato“.
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